Oltre duecento ricorrenti citano in giudizio lo Stato italiano per l’assenza di politiche ambientali efficaci nel contrasto al cambiamento climatico. La causa legale, promossa nell’ambito della Campagna Giudizio Universale, si inserisce tra i contenziosi climatici promossi dalla società civile in oltre 40 paesi di tutto il mondo, tra cui la Francia, dove i giudici hanno dato ragione ai ricorrenti, condannando lo stato a una sanzione simbolica.
La causa
In Italia, per la prima volta la società civile fa causa allo Stato affinché si assuma le sue responsabilità di fronte all’emergenza climatica. La causa è avviata di fronte al Tribunale Civile di Roma. Dei 203 ricorrenti della causa, 24 sono associazioni, 17 minori – rappresentati in giudizio dai genitori e 162 adulti. Primo ricorrente dell’azione è l’Associazione A Sud, da anni attiva nel campo della giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani che l’emergenza climatica rischia di compromettere: “Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfida imposte dall’emergenza climatica, la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico. Come società civile abbiamo il compito di fare tutto il possibile per scongiurare la catastrofe alle porte, per questo abbiamo deciso di promuovere la prima causa climatica italiana”, dichiara a nome di A Sud Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione.
Le richieste
I ricorrenti sono stati assistiti da un team legale composto da avvocati e docenti universitari, fondatori della rete di giuristi Legalità per il clima. A patrocinare la causa l’avvocato Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali e l’avvocato Raffaele Cesari, esperto di Diritto civile dell’ambiente, assieme al Prof. Michele Carducci, dell’Università del Salento, esperto di Diritto climatico: “Non chiederemo al Giudice alcun risarcimento, ma piuttosto di ordinare allo Stato di abbattere le emissioni di gas serra per portarle ad un livello compatibile con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi al fine di tutelare e proteggere i diritti fondamentali dell’uomo”, dichiarano gli avvocati”. Nello specifico, i ricorrenti chiedono di condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali.
I dati italiano che spingono all’azione
Secondo quanto si legge nel rapporto di Climate Analytics “seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990. Stando a queste proiezioni del governo, però, l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). […] Tra i paesi europei che pianificano il passaggio dal carbone al gas, l’Italia ha il più alto consumo di gas pianificato per gli anni 2020. Sebbene l’Italia stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia entro il 2030, non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere questo obiettivo.”
Luca Mercalli: “Lo stato continua a sostenere le pratiche negative per l’ambiente”
Tra i ricorrenti, Luca Mercalli, presidente Società Meteorologica Italiana, secondo cui: “Da decenni lo Stato italiano promette di ridurre il proprio impatto sul clima, di mitigare i rischi, di costruire resilienza verso le conseguenze del riscaldamento globale. Ma alle parole non corrispondono i fatti, sempre insufficienti e sottodimensionati rispetto all’urgenza. E soprattutto, mentre con una mano promette transizioni verdi con l’altra continua a sostenere le pratiche più perniciose per l’ambiente. Per questo faccio causa al mio Stato”.
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Il flash mob
Prima dell’evento stampa, i promotori hanno voluto ricordare al Paese la minaccia imminente rappresentata dagli impatti climatici con un flash mob accompagnato dall’arrivo di attivisti dal futuro, con una copia della Deloreal di “Ritorno al futuro” che hanno fatto il loro ingresso in Piazza Montecitorio per avvertire che il tempo per agire sta per scadere.