“Nell’ultimo anno e mezzo tutti noi, persone e governi, siamo stati impegnati a fronteggiare la pandemia. Le grandi multinazionali hanno approfittato di questo momento in cui l’attenzione sui temi ambientali si è abbassata, e hanno continuato a fare affari per produrre miliardi di tonnellate di plastica monouso”. Così Greenpeace Italia spiega l’appello lanciato per firmare la petizione rivolta alle multinazionali che inquinano “Siamo tornati a sfidare le multinazionali come Coca-Cola, NestlĂ©, PepsiCo, San Benedetto e Sant’Anna: a loro chiediamo di ridurre drasticamente l’uso di bottiglie di plastica, il prodotto in plastica piĂą conosciuto, e non a caso uno dei rifiuti piĂą presenti nei mari e nelle nostre spiagge”.
Numeri impressionanti
Non basta la Direttiva Europea contro la plastica monouso che mira all’eliminazione di cannucce, posate e pochi altri prodotti usa e getta. In Italia consumiamo piĂą di 11 miliardi di bottiglie di plastica all’anno per l’acqua minerale e le bevande. Il nostro Paese è il terzo nel mondo -dopo Messico e Thailandia- e primo in Europa per il consumo di acqua minerale in bottiglie di plastica. Negli ultimi dieci anni, le vendite totali delle sole acque minerali imbottigliate in plastica sono passate dai circa 5 a circa 10 miliardi di bottiglie l’anno. Le percentuali di riciclo, secondo Greenpeace, si fermano a meno del 50% del totale. “Il resto finisce in inceneritori, discariche o disperso nell’ambiente e in mare. Non possiamo piĂą permettercelo, il problema va risolto alla radice”.
Il legame col petrolio
L’associazione spiega: “La produzione mastodontica di bottiglie non è un problema solo per la salute dei nostri mari, ma anche per il clima. PiĂą plastica infatti significa piĂą petrolio e gas fossile. Per capire questo legame basta pensare che le principali compagnie responsabili dei cambiamenti climatici, tra cui ExxonMobil, Shell, Eni, Ineos e Chevron Phillips, sono anche responsabili della produzione di plastica.”
Perché le bottiglie in plastica riciclata non sono la soluzione
Ma quali sono le alternative che Coca-cola e simili dovrebbero mettere in campo? Lo spiega al Salvagente Giuseppe Ungherese, responsabile inquinamento Greenpeace Italia: “Per noi la risposta è incentivare il riutilizzo, anche con la spina al supermercato, e quando possibile col vuoto a rendere”. Per Ungherese, le politiche di alcuni produttori, che puntano a aumentare la percentuale di plastica riciclata nelle loro bottiglie, non bastano: “Al di lĂ di tutto, si tende ad affrontare il problema passando da un materiale all’altro, ma in realtĂ non esiste un materiale sostenibile al 100%. Un materiale è tanto piĂą sostenibile quante piĂą volte lo utilizzi. Anche una bottiglia di plastica riutilizzabile va bene. Il processo di riciclo non è un processo con una resa del 100%. Hai una perdita di materiale nelle fasi di lavorazione. Secondo alcune stime siamo attorno al 20-30%. E in piĂą, anche con una bottiglia riciclata vai a incentivare sempre la logica del monouso su cui non hai nessuna certezza dell’intercettazione ai fini del riciclo. E ricordiamo che una bottiglia riciclata che finisce in mare fa lo stesso male all’ambiente di una non riciclata”.
Per chi volesse firmare la petizione di Greenpeace, basta cliccare qui.
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