“Il rapporto tra cibo surgelato e coronavirus è complicato”. Lo ha detto il capo missione dell’Oms a Wuhan, Peter Ben Embarek, nel briefing da Ginevra rispondendo, come riporta l’Ansa – ad una richiesta di chiarimento sulla posizione dell’Agenzia dell’Onu rispetto a questo tema.
Nei mesi passati la Cina aveva accusato che il Covid-19 era entrato nel paese proprio attraverso i cibi surgelati arrivando addirittura a bloccare alcune importazioni, come il salmone surgelato. Se le autorità neozelandesi avevano avanzato sospetti sulla capacità di prodotti surgelati di trasportare il virus, la Fda, l’Authority per la sicurezza alimentare statunitense, aveva sostanzialmente negato questo tipo di vettore: “Può essere possibile che una persona possa contrarre il Covid-19 toccando una superficie o un oggetto su cui è presente il virus e poi toccandosi la bocca, il naso o forse i propri occhi, ma non si ritiene che questo sia il modo principale in cui virus si diffonde”.
Ora, l’Oms non esclude la capacità di trasporto nei cibi surgelati: “È molto, molto raro che il virus possa tornare oggi in certi paesi all’interno di cibo surgelato. Altro discorso – ha aggiunto il capo missione Embarek – è capire l’origine del virus nel 2019. In quel caso stiamo analizzando anche il cibo surgelato che è transitato per il mercato di Wuhan per capire”.
La Cina da tempo sostiene di avere prove che possano confermare come il cibo surgelato serva da vettore al virus. Secondo il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ccdc), il virus potrebbe sopravvivere su carne e pesce congelati per archi di tempo fino a tre settimane. Sul tema a novembre scorso l’Oms sostenteva sul proprio sito: “È altamente improbabile che Covid-19 possa diffondersi dal cibo o dal suo imballaggio, ma è sempre opportuno lavarsi le mani prima, dopo e durante la manipolazione degli alimenti, maneggiare con cura carne, latte e vegetali crudi per evitarne la contaminazione ed evitare il consumo di prodotti animali crudi o poco cotti”.
L’Università di Singapore aveva nel frattempo replicato con i risultati di una ricerca specifica: “Il nostro lavoro ha dimostrato che il titolo di SARS-CoV-2 è rimasto costante a 4 ° C, -20 ° C e -80 ° C per tre settimane, il che evidenzia la capacità del virus di sopravvivere al tempo e alle temperature associate alle condizioni di trasporto e conservazione utilizzate nel commercio alimentare internazionale”.
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Insomma i dubbi restano sulla possibilità che la catena del freddo possa “preservare” il Covid e quindi favorirne la diffusione. E la cautela dell’Oms sembra alimentarli.