L’appello di 300 associazioni europee: “I fondi della Pac siano legati ai diritti dei lavoratori nei campi”

I finanziamenti messi in campo dall’Ue per la politica agricola europea devono essere legati al rispetto dei diritti dei lavoratori. Il dibattito della riforma della Pac si arricchisce così di questa proposta che arriva da ben 300 associazioni e sindacati provenienti da tutta Europa. La lettera, firmata anche da Cgil, Cisl, Uil e associazioni come Focsiv, Terra! e Medu, sostiene che i pagamenti diretti dovrebbero essere subordinati al rispetto delle condizioni di lavoro e di impiego applicabili ai sensi dei contratti collettivi pertinenti. Ciò include il diritto nazionale e dell’Ue, nonché le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO).

Ambiente e salute sì, diritti no

Al momento le novità, come riporta Euractiv, prevedono la subordinazione delle sovvenzioni al rispetto degli standard ambientali di base, della salute pubblica e del benessere degli animali. Il rispetto dei diritti umani e del lavoro attualmente non ha alcun ruolo nell’assegnazione dei pagamenti diretti. E questo nonostante le drammatiche condizioni dei campi di varie parti d’Europa: “Condizioni di lavoro disumane, salari bassi, orari di lavoro lunghi, un’elevata percentuale di lavoro sommerso e alloggi inferiori agli standard sono solo alcune delle difficoltà quotidiane affrontate dai lavoratori agricoli in Europa”, afferma la lettera, aggiungendo che spesso equivalgono a forme di ” schiavitù moderna ”. Secondo i firmatari, almeno dieci milioni di persone sono impiegate nell’agricoltura europea, principalmente come lavoratori stagionali, lavoratori a giornata o in altre condizioni di precarietà, con ben il 61,2% dei lavoratori agricoli dell’UE impegnati in lavori informali. Kristjan Bragason, segretario generale della federazione europea dei sindacati per l’alimentazione, l’agricoltura e il turismo (EFFAT), ha affermato che “è inaccettabile vedere che il rispetto dei diritti umani e del lavoro non gioca assolutamente alcun ruolo nell’assegnazione dei pagamenti diretti della PAC dell’Ue, in particolare quando la Pac riceve un terzo del bilancio totale dell’Ue ”.

La contrarietà degli Stati

Già ad ottobre, come ricorda Euroactiv, il Parlamento aveva offerto un fermo sostegno per l’inclusione della condizionalità sociale, votando una serie di emendamenti sulla forma della Pac post-2020 che includevano riferimenti obbligatori alla “condizionalità sociale”. La condizionalità proposta coprirebbe vari settori come l’orario di lavoro, la salute e la sicurezza e l’alloggio per tutti i lavoratori impiegati nell’agricoltura, compresi i lavoratori mobili e migranti. Invece, in una riunione speciale della commissione per l’agricoltura, una fonte dell’Ue ha dichiarato a Euractiv che quasi tutti gli Stati membri hanno sollevato questioni relative all’inclusione della condizionalità sociale nella riforma della Pac. Le loro obiezioni principali includevano il fatto che ciò non era nella proposta originale della Commissione, e anche che questo non rientra nelle competenze della Pac, che è già stata soggetta alla condizionalità ambientale. Tra i più contrari all’inclusione della condizionalità sociale ci sono Ungheria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca e Lituania. Anche l’associazione europea degli agricoltori Copa-Cogeca tira il freno a mano. Paulo Gouveia, capo consigliere politico dell’associazione, ha affermato di essere “molto preoccupato per il fatto che l’attuale processo di riforma della PAC aumenterà la burocrazia e gli oneri amministrativi per gli agricoltori”, sottolineando che “la condizionalità sociale non dovrebbe essere collegata ai diritti del lavoro e/o salari /stipendi”. Ma se non lo fosse, che senso avrebbe?