Le mele del Trentino fanno il pieno dei fondi Pac ma anche di pesticidi. Secondo i dati pubblicati dalla DG CONT della Commissione UE che individua i “50 più grandi beneficiari in ogni Stato membro dell’Ue dei fondi Pac e Fondi di Coesione” (scarica qui lo studio completo) nel solo 2018 ai tre principali consorzi di mele del Trentino-Alto Adige sono andati oltre 41 milioni di euro di contributi europei. Un vero e proprio record che se ne aggiunge ad un altro non proprio edificante: le province autonome di Trento e Bolzane sono anche tra le aree di Italia più esposte ai trattamenti fitosanitari.
Come si evince dalla tabella qui sotto, alla società VOG -VERBAN D DER SUEDTIROLER OBSTGEN . -GEN . LAN DW. GES, proprietaria dei marchi Marlene Alto Adige Igp e Pink Lady, sono andati nel 2018 17.052.117 euro, mentre al CONSORZIO MELINDA SOC.COOP.AGRICOLA sono arrivati nello stesso periodo 16.276.036 euro, infine alla VI.P GEN . LAN DW. GESELLSC HAFT proprietaria del marchio Val Venosta Sud Tirol sono andati 8.545.326.
Ricordiamo che il Trentino-Alto Adige nel suo complesso è tra le principali aree di produzione di mele e vino in Europa ed è una delle aree più esposte ai trattamenti fitosanitari se pensiamo che nel 2018 l’utilizzo medio dei fungicidi in questa area era di 24,1 kg/ha (ettaro), 13,0 kg/ha per gli insetticidi-acaricidi e di 0,8 kg/ha per gli erbicidi, mentre le medie nazionali nel 2018 erano rispettivamente di 3,55 kg/ha (fungicidi), 0,6 kg/ha (insetticidi) e 0,88 kg/ha (erbicidi). I dati sono stati presi dal recente studio condotto dall’Istituto Ramazzini di Bologna sulla contaminazione da pesticidi delle aree gioco per bambini in Alto Adige.
Nel 2019 le cifre si sono pressoché confermate fatta eccezione che per il consorzio Melinda: alla società della Marlene sono arrivati addirittura più fondi del 2018, esattamente 18.258.916 il consorzio della Val Venosta si è aggiudicato quasi 10 milioni di euro (9.990.960).
Dati che confermano quello denunciato dalla coalizione Cambiamo Agricoltura! il fronte ampio di associazioni ambientaliste, animaliste e del biologico che chiedono una diversa Pac perché, scrivono in una nota, “la distribuzione dei fondi pubblici della Pac vede l’80% delle risorse assegnate al 20% dei beneficiari“, più grandi, aziende che praticano un’agricoltura e un allevamento intensivi.
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