Ogm, dopo la Brexit la Gran Bretagna punta alla manipolazione genetica su animali e coltivazioni

OGM

Senza i paletti dell’Unione europea, la Gran Bretagna si butta sull’editing generico di piante e animali per ottenere “cibo più salutare”. Secondo quanto riporta AgrifoodToday, il segretario di stato per l’Ambiente e l’alimentazione, George Eustice, ha dichiarato: “L’editing genetico ha la capacità di sfruttare le risorse genetiche fornite da madre natura, al fine di affrontare le sfide della nostra epoca. Ciò include la coltivazione di colture che danno risultati migliori, la riduzione dei costi per gli agricoltori e degli impatti sull’ambiente, e aiutandoci tutti ad adattarci alle sfide del cambiamento climatico”. Insomma, pur essendo una tecnica diversa, il genoma editing si pone gli stessi obbiettivi degli Ogm: creare coltivazioni resistenti ai pesticidi e animali che non si ammalano.

Il dibattito in Europa

Da qualche anno in Europa il dibattito si sta concentra sui cosiddetti “nuovi Ogm”. La tecnologia di modificazione genetica più quotata, Crispr, si basa infatti su principi diversi rispetto a quella per produrre i vecchi Organismi geneticamente modificati, tanto che i sostenitori vorrebbero per essa una legislazione più morbida da parte dell’Unione europea, mentre ambientalisti e larghe fette del mondo agricolo la ritengono un pericolo per la sovranità alimentare. A differenza dei normali Ogm, in cui il Dna viene ricombinato inserendo materiale genico tramite tentativi, l’editing genomico provvede a indirizzare le modifiche genetiche in modo controllato in punti precisi del genoma, e in più posizioni contemporaneamente.

Per l’Ue sono assimilabili ai vecchi Ogm

Secondo Bayer-Monsanto, che su questa tecnologia sta investendo tanto, la differenza è sufficiente per non parlare di Ogm, ma almeno finora non la vede allo stesso modo la Corte di giustizia europea: nel 2018 ha infatti stabilito che gli organismi ottenuti tramite editing genetico rientrano nelle norme dell’Ue sugli Ogm, affermando che una loro esclusione comprometterebbe gli obiettivi di protezione delle leggi stesse e violerebbe il principio di precauzione, sancito nei trattati istitutivi dell’Ue e alla base delle norme europee sulla sicurezza alimentare. Uno strumento ulteriore per sostenere la posizione della Corte, al centro di forte pressioni da parte di lobby biotech e industria, è arrivato lo scorso settembre. Si tratta del primo metodo open source in grado di rilevare in laboratorio colture che sono state geneticamente modificate tramite le nuove tecniche di editing genetico. Ad annunciarlo è stata Greenpeace, insieme a un gruppo di associazioni impegnate sul tema degli Ogm e a un’azienda della Gdo austriaca, la Spar.

La tecnologia per rilevarli

Federica Ferrario, responsabile campagna Ogm di Greenpeace spiega: “La nuova ricerca confuta le affermazioni delle industrie biotech e di alcuni enti regolatori secondo cui i nuovi prodotti geneticamente modificati ottenuti tramite editing genetico, i cosiddetti nuovi Ogm, sarebbero indistinguibili da colture simili non-Ogm e per questo non possono essere regolamentate secondo la normativa in vigore sugli Ogm”. Il nuovo metodo è in grado di rilevare una colza Ogm proveniente dagli Usa resistente agli erbicidi che è stata sviluppata utilizzando l’editing genetico. “Adesso – spiega Ferrario – è possibile per i paesi Ue effettuare controlli in modo che questa coltura Ogm, non autorizzata secondo la normativa vigente in Ue, non entri illegalmente nelle filiere alimentari e mangimistiche europee. Fino ad ora, i paesi dell’Ue non avevamo modo di rilevare la presenza di questa colza Ogm coltivata in alcune parti degli Stati Uniti e del Canada, tra quella importata”. Il metodo è stato convalidato dall’Agenzia per l’ambiente austriaca (Umweltbundesamt), membro della rete europea dei laboratori Ogm, e soddisfa tutti gli standard legali dell’Ue. Il ministro della Salute austriaco, Rudolf Anschober, ha dichiarato che farà in modo di utilizzare questa tecnica al più presto per le verifiche nel suo paese. “Non ci sono più scuse per non applicare i requisiti di sicurezza e di etichettatura degli Ogm esistenti a questi cosiddetti nuovi Ogm”. Federica Ferrario, conclude: “Spetta ora alla Commissione europea e ai governi nazionali valorizzare questo lavoro e sviluppare metodi di screening in grado di identificare sia prodotti geneticamente modificati noti che sconosciuti. Ci aspettiamo che la ministra Bellanova, che ha più volte guardato con attenzione alle tecniche di gene editing, mostri lo stesso interesse per questo test”.