“Diciamolo chiaramente: oggi non basta usare grano 100% italiano per evitare il rischio glifosato. Anche noi pensavamo che scegliere una materia prima tricolore avrebbe, da sola, eliminato definitivamente il problema della presenza del discusso erbicida. Così purtroppo non è e dall’anno scorso abbiamo avviato un progetto che prevede sempre l’uso di grano italiano ma certificato di filiera: così sappiamo chi ha coltivato quel lotto di grano che è finito nella pasta di un determinato pacchetto. Da gennaio saranno in vendita i primi pacchetti e saranno ‘glifosato zero‘ e con Don al di sotto del limite di legge per i bambini“. A parlare è, come recitava un vecchio spot, Agnesi per bocca di Massimo Crippa, direttore commerciale del gruppo Colussi proprietario, tra gli altri (Misura, Colussi, Riso Flora e Del Monte), dello storico marchio italiano che aggiunge: “Oltre all’impegno anche la normativa va rivista: per consentirci di evitare la contaminazione accidentale, la presenza anche in tracce di glifosato va vietata per legge“.
“Avremo solo grano di filiera e analisi su ogni lotto”
I risultati del nostro test sulla pasta nel nuovo numero in edicola hanno segnalato anche negli spaghetti Agnesi la presenza del glifosato e della micotossina Don al di sopra dei limiti più severi per i bambini. L’azienda però, a differenza delle prese di posizione monocorde di alcune associazioni di categoria, non ha nascosto il problema anzi ci ha voluto spiegare cosa ha avviato da tempo per ridurre e azzerare il rischio della contaminazione anche in tracce del pericoloso erbicida:
“Le quantità che sono state rinvenute dal Salvagente su un nostro lotto di pasta sono più di 100 volte inferiori ai limiti di legge. Ma questo non è quanto vogliamo per il nostro prodotto: la nostra azienda si distingue non solo per il gusto e la tenuta di cottura delle sue paste peraltro giudicate eccellenti, ma anche per la sua volontà di qualità ambientale”.
E allora cosa sta facendo Agnesi? Risponde Crippa: “Per riuscire a garantire una pasta ‘glifosato zero’ abbiamo deciso da tempo di attivare un importante progetto che vedrà a breve la luce: inizieremo la produzione di pasta fatta esclusivamente da grano italiano da filiera, che troveremo sugli scaffali a gennaio, il che vuol dire controlli rigorosi dal campo alla tavola su tutti i lotti in arrivo e tracciabilità del seme dal campo alla vostra tavola. Tutti i lotti di semola che perverranno allo stabilimento saranno ulteriormente analizzati e controllati al fine di decretarne l’idoneità con particolare riferimento quanto alla presenza di glifosato“.
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“Serve una legge per vietarlo nel grano”
Un progetto importante che testimonia come anche alcune aziende si stiano ponendo il problema di escludere la residualità di una sostanza “probabile cancerogena” come ha decretato la Iarc, l’Agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms. “L’uso del glifosato in agricoltura – prosegue Crippa – espone purtroppo tutti noi al rischio di una contaminazione accidentale. L’Europa, l’Italia, le associazioni agricole di categoria devono adoperarsi per eliminare in maniera definitiva l’uso dei diserbanti e dei pesticidi in agricoltura, identificando metodi e additivi differenti. Questa è davvero l’unica strada da percorrere”.
Perché un’azienda si schiera così in maniera netta contro il glifosato? “Dal nostro punto di vista non vogliamo una sostanza che potrebbe avere ripercussioni sulla salute: siamo stati i primi nel 2016 a togliere dai prodotti Misura l’olio di palma per la presenza elevata di grassi saturi e anche a ridurre l’apporto di zuccheri, ad esempio eliminando l’impiego di sciroppo di glucosio-fruttosio. Ora vogliamo segnare anche questo traguardo per tutelare i consumatori”.
Da dove viene la contaminazione?
Oltre ai progetti in cantiere è importante capire per noi anche come è avvenuta la contaminazione rilevata dalle nostre analisi: “Il problema è – prosegue Crippa – che noi sappiamo che le contaminazioni accidentali esistono ma non è semplice scoprire da dove vengano: bastano 30 chili di grano con glifosato al di sotto dei limiti per contaminare le restanti 30 tonnellate di grano stoccate nel silos. Questo per dire che la contaminazione accidentale può avvenire in campo, attraverso terreni precedentemente trattati con questo erbicida, tramite l’acqua di falda oppure in fase di stoccaggio dove magari resta del grano trattato con glifosato che finisce nella nostra fornitura nonostante lo escludiamo dai nostri capitolati. Ecco perché – conclude il direttore commerciale del gruppo Colussi – abbiamo puntato sulla filiera, perché possiamo avere la piena tracciabilità e controllare ogni lotto per escludere quello con la benché minima traccia di glifosato”.