Perché il registro contro il telemarketing selvaggio verso i mobili non è partito?

TELEMARKETING

Sarebbe dovuto partire il 1° dicembre l’estensione del registro delle opposizioni anche ai numeri di telefonia mobile e ai fissi non inclusi negli elenchi, e invece rimarrà al palo, con buona pace dei tanti italiani costantemente tartassati dal telemarketing selvaggio. Lo schema di decreto attuativo che esiste da gennaio, non è mai stato approvato.

Le modifiche necessarie al registro

Il registro delle opposizioni attualmente funziona così: un operatore di telemarketing dovrebbe verificare l’assenza di un numero telefonico dal database pubblico prima di chiamarlo. In realtà, nella pratica, i telescocciatori continuano ad imperversare a tutte le ore. Non solo perché basta cedere il consenso al marketing a un’azienda per poi ritrovare i propri dati in database venduti in maniera più o meno legale a terzi, che a loro volta li rivendono, ma anche perché fino ad oggi, l’iscrizione al registro vale solo per i numeri fissi presenti negli elenchi telefonici. Fortunatamente per i call center, e infelicemente per i consumatori, mentre tutti hanno un cellulare, sono sempre meno le famiglie italiane che mantengono la linea fissa in casa. Dunque, finora il registro delle opposizioni ha avuto come unico effetto rilevante la migrazione degli scocciatori dalla linea di casa a quella mobile.

Un iter accidentato

Eppure, quando lo scorso gennaio, il Consiglio dei ministri aveva approvato in via preliminare la modifica al regolamento redatto dalla presidenza del Consiglio e dal Ministero dello Sviluppo Economico, con cui si estendeva il registro anche a mobili e numeri fissi riservati. Lo scorso aprile, il Consiglio di Stato aveva sollevato più di una perplessità su alcuni punti critici del testo, mentre nel 2019 il Garante della privacy aveva dato un via libera condizionato all’allargamento. Si aspettava solo la pubblicazione definitiva del decreto attuativo per partire dal 1 dicembre 2020. Via libera che non è mai arrivato. Dal Mise ci rispondono che la palla è in mano a Palazzo Chigi, che dovrebbe inserirlo in un consiglio dei ministri.