Molti credono che parlare di moda e dei suoi cambiamenti sia qualcosa di limitato all’abbigliamento, alle prossime location delle vacanze, alla scelta dell’auto e restano basiti dal sapere che il tipo di alimentazione e i cibi utilizzati sono forse ancora più soggetti al pensiero del momento e attraverso i social, gli influencer di rete etc. avere gli stessi meccanismi mentali. Se a questo aggiungiamo che da sempre l’uomo desidera partecipare attivamente alla preparazione del proprio cibo, ragion per cui alcuni prodotti ricchi di servizi e già pronti all’uso sono visti adatti solo per una emergenza ma non per sostituire i pasti, ecco che la tempesta perfetta genera il ritorno ai prodotti fermentati. Questi prodotti vedono ad esempio il pane, la birra o il vino come i cosiddetti dagherrotipi – Noè è famoso per il vino quanto per la sua Arca – degli attuali prodotti biotecnologici super moderni. Si trattava e si tratta di utilizzare dei microorganismi per dare vita a dei processi fermentativi che se sono ben controllati danno il nettare del Dei, in caso contrario originano alimenti e bevande pestilenziali. Oggi tra i protagonisti indiscussi della categoria ci sono , lievito madre e yogurt fatti in casa, insomma siamo tornati indietro di millenni, ma con le conoscenze scientifiche necessarie per pensare di controllare i microorganismi a nostro piacimento.
Mi suggeriscono di eliminare dalla dieta i cibi fermentati per stare meglio, specialmente con l’intestino
FALSO Come detto tante volte, l’abolizione totale di una categoria di cibi dalla dieta è sempre un rischio mentre è bene valutare l’effetto di un alimento ingerito, anche se fermentato, in termini di quantità e qualità. I cibi fermentati aiutano la digestione, sono ricchi di antiossidanti e possono regolare le funzioni intestinali che si sono troppo impigrite con l’attuale vita sedentaria che facciamo. Gli effetti fastidiosi, o talvolta più che fastidiosi, nascono dalla nostra biodiversità. Un paragone che può aiutarci è quello dell’acquisto di un vestito nuovo. Ognuno è un piccolo mondo metabolico e fisiologico, dove un cibo fermentato è più o meno come un vestito industriale che non può calzare perfettamente a tutti e quindi possiamo adattarlo, cosa complessa, convivere con il difetto oppure cercare un prodotto alternativo che ci crei meno problemi. L’attuale ritorno dei prodotti fermentati in modo artigianale si può spiegare in parte come il tentativo di crearci degli alimenti personalizzati più adatti ai nostri bisogni e con il valore aggiunto (psicologico) della voglia di tornare a… mettere le mani in pasta. I prodotti fermentati per aiutare la digestione e l’intestino vanno assunti con regolarità altrimenti non producono effetti evidenti, tant’è che si chiede di consumarli per almeno un paio di settimane per osservare l’eventuale miglioramento; per cui occorre avere pazienza. Nel passato fermentando gli alimenti non si faceva altro che allungarne la loro conservazione perché la macerazione impediva che i microorganismi cattivi irrancidissero i prodotti finali. La fermentazione è stata anche il motore per creare bevande come vino e birra ma oggi fermentare equivale sempre di più a predigerire, ad esempio gli zuccheri, per avere alimenti meno impegnativi e più facili da assorbire. In aggiunta, gli alimenti visti come fonte di salute e benessere, rendono i moderni probiotici dei prodotti fermentati utili a migliorare la flora intestinale e a supportare delle carenze vitaminiche ad esempio nelle cure antibiotiche.
Ho una paura innata ad autoprodurre dei cibi fermentati per questo compro solo prodotti industriali
FALSO La paura della fermentazione è un qualcosa di atavico, è una forma di autodifesa da qualcosa che ci spaventa tanto: le muffe che fermentando producono le pericolose micotossine. Probabilmente molto nasce dal microorganismo Clostridium botulinum e dalla sua tossina del botulino di cui basterebbe circa un chilogrammo inalato per eliminare dal pianeta Terra l’intera specie umana. Questo rischio nasce dai nostri errori e la fermentazione dovuta a questo Clostridium può creare rischi molto gravi se non mortali. Il naso è la nostra prima sentinella, tant’è che i batteri lattici nostri amici, fermentando producono un gradevole odore acido che ci rassicura mentre la fermentazione dovuta a batteri patogeni associa al prodotto un odore più dolce e ci ricorderà il marcio. Gli odori e i colori sono i primi sensori che dobbiamo utilizzare per la nostra sicurezza e se un prodotto fermentato in casa assume un odore poco gradevole o addirittura sa di marcio, significa che abbiamo sbagliato qualcosa per cui è meglio evitare di utilizzarlo. I microorganismi come i batteri lattici ad esempio non sono sempre facili da “domare” essendo organismi viventi richiedono temperature, tempi, acidità e altri parametri ben precisi per dare vita ad uno yogurt sano e sicuro o ad un probiotico funzionante. È necessario conoscere bene la chimica di queste fermentazioni per non passare dalla produzione di un buon vino ad esempio ad avere scorte di aceto inenarrabili oppure dall’aspettarsi un gradevole yogurt a ritrovare in frigo prodotti sgradevoli e poco allettanti. Il prodotto industriale ci offre sicurezza e riproducibilità, ma anche omologazione di sapore e aromi per cui ben venga un prodotto artigianale anche se frutto di qualche errore e di qualche strafalcione gastronomico, l’importante è sempre seguire le regole di igiene e pulizia per ridurre i rischi quanto più è possibile.
Ho assaggiato il kefir, è una vera sorpresa e credo sia fra i più interessanti prodotti fermentati sul mercato
VERO Il kefir è una bevanda caucasica, le cui origini e storia sono leggenda e pura narrazione, ma oggi è diffusa in tutto il mondo. Disseta, è una bevanda ricca di fermenti lattici e probiotici, ma richiede che al latte siano aggiunti i “grani di kefir” o kefiran. Questi grani sono un complesso di lieviti e batteri che attivano sia la fermentazione lattica che quella alcolica. Chi lo prepara in casa può avere un kefir che sviluppa una leggera gradazione alcolica che a taluni non dispiace troppo ed è ben accolta. Si tratta di un prodotto fresco e acidulo che si beve a temperatura ambiente, ma va conservato in frigorifero per non più di una settimana. Non è uno yogurt come può sembrare a prima vista, ma è preparato partendo da latte fresco (pecora, capra o vacca) e usando i fermenti o granuli di kefir, formati da uno zucchero chiamato kefiran che ospita colonie di batteri e lieviti. Come molti alimenti nel passato, la sua diffusione commerciale ha accompagnato lo spostamento dei popoli per cui in Italia trova sempre più spazio perché i suoi estimatori sono le popolazioni dell’Est come Russia, Bulgaria etc. che hanno trovato accoglienza nel nostro paese per vari motivi. Aiuta molto l’intestino ed è ricco in calcio, magnesio, zinco, ma contiene anche del triptofano che come amminoacido aiuta a combattere l’insonnia perché fa produrre melatonina e migliora l’umore in generale perché fa produrre della serotonina, la molecola della serenità associata ad esempio al cioccolato. Il kefir ci dona anche vitamine e antiossidanti ma non contiene tanto lattosio per cui è ben sopportato da quasi tutti ed è di aiuto a migliorare le difese immunitarie e a ridurre il colesterolo. La difficoltà della produzione di kefir è l’accesso ai granuli di kefir che sono un mix di batteri mesofili e di lieviti; inoltre, se sbagliamo tempi o ricetta, facilmente inacidisce e il consumatore medio italiano non ama prodotti acidi ma yogurt dolci, anche se ricordiamo che il kefir non è uno yogurt.
Nel controllo del frigo talvolta trovo yogurt appena scaduti che uso ancora per qualche giorno, credo siano sicuri
VERO Lo yogurt, re dei prodotti fermentati e oggi padrone assoluto della categoria salutistica dei probiotici, è sottoposto come alimenti alla data di scadenza “preferenzialmente entro il…”. Non è una data perentoria, come nel latte fresco ad esempio, per cui lo yogurt che nel frigo abbiamo ritrovato dopo qualche giorno in maniera casuale, può essere mangiato anche dopo un paio di settimane. Perché un alimento che ci sembra così delicato può essere conservato e non finire immediatamente nel bidone dell’umido? Ricordiamo che il “preferenzialmente…” come data di scadenza è per le aziende il giusto limite di garanzia perché le qualità sensoriali e organolettiche siano assicurate, oltre tale data non si assicura più la stessa intensità di aromi o di sapori o di acidità, ciò non di meno il livello di sicurezza non viene ridotto. Dopo la scadenza lo yogurt inacidisce di poco, i batteri lattici che ne rappresentano un valore aggiunto si riducono ma non scompaiono del tutto e il processo industriale assicura il controllo dei batteri cattivi che potrebbero far sorgere dei rischi. Affidiamoci ai nostri sensi e se il vasetto non è gonfio, se il colore una volta aperto e soprattutto l’odore ci sembrano normali possiamo passare anche alla fase di assaggio gustativo e mangiarlo. Tutto questo sempre che il prodotto sia stato in frigo e conservato chiuso per evitare che si sviluppino ad esempio delle muffe. Se decidiamo di produrre yogurt casalinghi, gesto ammirevole da vari punti di vista, dobbiamo ricordarci che parliamo di un prodotto fresco e come tale va considerato per cui il suo tempo di conservabilità è più basso.
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Amo fare gli yogurt naturali e trovo qualche difficoltà
VERO Negli anni scorsi era abbastanza comune autoprodurre yogurt in casa e soprattutto vedersi regalare prima di tornare a casa dopo una lauta e magari ipercalorica cena, dello yogurt madre da cui partire per la propria autoproduzione. Come giustamente si deve fare con gli animali di compagnia, non si abbandona i fermenti vivi che hanno le sole colpe di non essere visibili ad occhio nudo e di riprodursi in modo continuo. Questo dono di un amico ha convinto molti a procurarsi una yogurtiera, ovvero l’equivalente di un’incubatrice per animali, e farsi così lo yogurt da soli. Le prime volte era troppo acido perché si lasciava fermentare per troppo tempo e si avevano yogurt acidi ma compatti. Un problema ulteriore era di dovere attendere almeno 3-4 cicli di produzione perché i fermenti si moltiplicassero in numero sufficiente dando uno yogurt cremoso, poi era facile scoprire che la temperatura della yogurtiera non era idonea e ciò creava del liquido giallo in superficie dovuto al troppo starter usato o a un ciclo di produzione troppo lungo. Infine, se si formava dell’acqua sullo yogurt significava avere usato latte caldo di partenza, starter freddo, pochi fermenti vivi, o che la scelta dei fermenti era sfortunata o si usava del latte magari troppo stressato perché a lunga conservazione. La storia narra che una volta messo a punto il processo di autoproduzione degli yogurt e i primi entusiastici consumi familiari di grandi quantità, iniziava la fase di scoramento perché i fermenti non si “fermano” neanche per le sante feste e lo yogurt fermentava sempre di più e parallelamente gli amici tendevano a non frequentare le cene per evitare ulteriori adozioni di nuovi fermenti da portare a casa ed essere costretti a diventare “donatori” di starter.