Le condizioni “spaventose” di lavoro, occupazione e alloggio nel settore delle carni sono il motivo per cui i piani di lavorazione della carne sono diventati “vettori per la diffusione di Covid-19”. A dirlo è un nuovo rapporto presentato dalla Federazione europea dei sindacati alimentari, riportato da FoodConsumer. La nascita di focolai a partire da macelli ha tenuto banco sui media nelle ultime settimane, in particolare in Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, in un settore che solo nel vecchio continente impiega 350mila persone. Secondo i dati del progetto Unearthed, sostenuto da Greenpeace, da marzo sono stati segnalati almeno 37 focolai di Covid in macelli e impianti di confezionamento di carne in Europa da marzo, portando ad almeno nove chiusure di fabbriche e oltre 4.000 lavoratori infettati. Il rapporto Effat, che ha anche fornito una panoramica degli accordi di lavoro e delle pratiche commerciali delle compagnie di carne, ha evidenziato condizioni di lavoro da sfruttamento e misure di sicurezza insufficienti. Effat “dipinge un quadro desolante di un settore che necessita di urgenti e serie riforme, evidenziando al contempo esempi di buone pratiche come prova ancora una volta del ruolo cruciale della contrattazione collettiva nel fissare standard di lavoro dignitosi e garantire una concorrenza leale”.
Condizioni proibitive dei macelli
Fino a 16 ore lavorative, paga bassa, detrazioni salariali illegali e insicurezza del lavoro, “alloggi sovraffollati” utilizzati dai trasformatori di carne per ospitare i lavoratori migranti soggetti a “disparità di trattamento e abusi”. Tutte condizioni, secondo il rapporto, che costituiscono un terreno fertile per la propagazione del coronavirus. Il segretario generale dell’Effat Kristjan Bragason ha sottolineato: “I lavoratori della carne – e di tutti i prodotti agroalimentari – hanno mostrato un’incredibile dedizione ai loro lavori durante la pandemia di Covid-19 – troppo spesso rischiando la salute a causa della mancanza di efficaci misure di protezione della salute al fine di fornire cibo per la nostra tavola. Siamo in debito con loro”.
Il problema dei subappalti
Effat ha riportato che in Germania le persone impiegate dai subappaltatori lavorano generalmente tra le 48 e le 65 ore settimanali. Gli addetti alle carni impiegati direttamente dalle aziende lavorano normalmente circa 40 ore settimanali e un massimo di 48 ore. Per i lavoratori subappaltati, la giornata lavorativa può essere fino a 16 ore, sei giorni alla settimana, secondo il sindacato. Sono anche evidenti disparità salariali con i lavoratori impiegati direttamente dalle aziende di carne. I lavoratori subappaltati guadagnano in media dal 40% al 50% in meno rispetto ai lavoratori di carne impiegati direttamente dalle aziende di carne, ha osservato il sindacato.
Le condizioni abitative
I lavoratori impiegati da subappaltatori abitano spesso in appartamenti sovraffollati con bagni in comune e con fino a cinque o sei persone in un dormitorio. L’alloggio è fornito direttamente o indirettamente dal subappaltatore. In altre parole, il datore di lavoro è anche il proprietario. L’epidemia più grande è stata recentemente segnalata in una fabbrica di Tönnies a Rheda-Wiedenbrueck (Renania settentrionale-Vestfalia). Il macello, che è considerato il più grande in Europa, impiega 7000 lavoratori e oltre 1.550 sono risultati positivi per Covid-19. Il sito è stato chiuso giovedì scorso (18 giugno). La situazione ha spinto le autorità federali tedesche ad agire. Il governo si è impegnato a trovare “soluzioni a lungo termine” per migliorare la situazione nel settore delle carni.
Le proposte dell’Effat
Il rapporto invita la Commissione europea a proporre uno strumento giuridico che garantisca la responsabilità solidale (a catena) dell’intera catena di subappalto. L’iniziativa dovrebbe inoltre mirare a rafforzare la contrattazione collettiva e combattere il dumping salariale; Chiede uno strumento giuridicamente vincolante dell’UE che garantisca alloggi dignitosi per tutti i lavoratori transfrontalieri, stagionali e migranti; Chiede il potenziamento accelerato dell’Autorità europea del lavoro (ELA), in particolare per quanto riguarda le ispezioni congiunte e concertate e la lotta contro il lavoro sommerso; Chiede il riconoscimento immediato da parte della Commissione di Covid-19 come malattia professionale.
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