Mentre è stata rinviata a domani la riunione dell’esecutivo con la conferenza Stato-Regioni per la stesura definitiva delle linee guida sulle modalità di riapertura delle scuole a settembre, 60 piazze di Italia accolgono le proteste di genitori, studenti e personale scolastico sotto il cartello del gruppo Priorità alla scuola. La bozza fino ad ora pensata per la riapertura non soddisfa per niente il movimento che ha preso forma durante il lockdown e in queste settimane ha ingrossato le sue fila lungo tutto il Paese.
Non piace che si “scarichi” tutto il peso delle decisioni sulle singole scuole, sui dirigenti e – punto davvero delicato – non piace che non si faccia chiarezza sulle responsabilità nel caso in cui si dovesse sviluppare un contagio nelle classi. Tutto senza tralasciare il ritardo di cui comitati e associazioni da nord a sud accusano il Miur, colpevole di avere preso in mano il tema spinoso della riapertura con estrema lentezza. In ogni caso, la riapertura – secondo quanto scritto nella bozza, dovrà essere “coordinata da appositi tavoli regionali insediati presso gli Uffici scolastici regionali” e, a livello locale, verranno organizzate delle “Conferenze dei servizi su iniziativa dell’ente locale competente, finalizzate ad analizzare le singole criticità delle singole istituzioni locali che insistono sul territorio nazionale. La bozza fa ovviamente riferimento al documento prodotto dal Cts (Comitato tecnico scientifico) istituito presso il dipartimento della Protezione civile per ipotizzare le modalità di ripresa del sistema scolastico.
I punti salienti delle linee guida
Tra i punti elencati nella bozza si parla di riconfigurazione della classe in più gruppi di apprendimento, di articolazione modulare di alunni provenienti dalla stessa classe o da classi diverse o – addirittura – da diversi anni in corso, di frequenza in turni differenziati anche in relazione a fasce di età e gradi scolastici, di attività in presenza e a distanza per le scuole secondarie di secondo grado, di aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari, di estensione del tempo scuola alla giornata del sabato.
E riguardo alla mensa, laddove sia prevista, “Il consumo del pasto a scuola va assolutamente preservato – si legge in un comunicato stampa diffuso dal Miur e relativo alla bozza di linee guida – ma sempre garantendo il distanziamento attraverso la gestione degli spazi, dei tempi (turni) di fruizione e, in forma residuale, anche attraverso l’eventuale fornitura del pasto in “lunch box” per il consumo in classe”.
Il documento, poi, fa riferimento ai cosiddetti “Patti educativi di comunità”, ovvero degli accordi che potranno essere stesi tra ente locale, scuole, terzo settore, istituzioni al fine di ampliare l’offerta degli spazi fisici, laddove necessario, anche in musei o biblioteche, parchi, cinema e teatri, ad esempio. E, al contempo, organizzare la presenza di personale dedicato ad attività integrative ulteriori rispetto alla didattica che dovranno anche essere responsabili della sorveglianza.
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Sul tema della responsabilità infine, il documento cita anche il “Patto educativo di corresponsabilità” che dovrà essere in qualche modo aggiornato in linea con la situazione del momento. È evidente che si dovranno rafforzare le misure dedicate all’igiene e alla sanificazione/aereazione dei locali e che si dovranno rispettare le norme generali previste dalla prevenzione del contagio riguardo il distanziamento. Le mascherine saranno previste solo sotto i sei anni e, alla scuola dell’infanzia, il personale dovrà essere dotato di visiere leggere in modo da rendersi riconoscibile e non compromettere la relazione adulto-bambino fondamentale per quella età. Infine, un capitoletto è dedicato al trasporto pubblico che potrà essere pensato in modo da scongiurare l’assembramento. Il documento riposta poi una serie di approfondimenti relativi a situazioni più specifiche come l’integrazione scolastica, disabilità, scuola in ospedale, in carcere e nei convitti.
La protesta di genitori, studenti e personale scolastico
Intanto oggi si prepara la manifestazione, proprio mentre sarà in corso il tavolo tra esecutivo e Regioni per definire le linee guida. E la rabbia monta di ora in ora, così come la volontà di fare sentire la propria voce dal basso. E di sottolineare il fatto che in qualche modo il Miur sta scaricando il peso di una riapertura molto complicata sulle singole scuole. Già peraltro provate da decenni di mancati interventi sul fronte dell’edilizia, delle cosiddette “classi pollaio”. Insomma, è un po’ come se l’emergenza sanitaria avesse fatto venire al pettine, nodi molto vecchi.
Durante un’intervista nella trasmissione Tutta la città ne parla in onda su Rai 3 mercoledì 24 giugno, Antonella Di Bartolo, dirigente dell’Ic Sperone Pertini di Palermo dice chiaramente una cosa: “Dal documento non si coglie la responsabilità nazionale del sistema istruzione che non può essere ridotto ad un ambito meramente scolastico perché una nazione che, in virtù di una fantomatica autonomia scolastica, si pone in questa posizione è una nazione che non crede in se stessa e che non ha una visione”. “La cosa più grave del documento diffuso – ha riferito ai quotidiani in queste ore da Firenze Costanza Margiotta del coordinamento nazionale del «Comitato Priorità» – è la delega in bianco ai dirigenti, il contrario di quanto chiediamo. Il governo disattende al suo dovere di garantire il diritto all’istruzione sancito dalla costituzione uniformemente su tutto il territorio nazionale- attacca Margiotta – Sancisce inoltre l’ingresso del terzo settore nella scuola contro il quale ci battiamo. E poi c’è la turnazione e gli ingressi scaglionati con attività al sabato. Questo significa fare i turni, cioè riduzione del tempo scuola. L’altra cosa grave è l’accorpamento delle materie, il che significa di nuovo la riduzione del tempo scuola. Il tutto lasciato all’autonomia delle scuole. Significa che non ci sarà il diritto a godere del diritto dell’istruzione. E lasciano la didattica mista nelle scuole superiori. E non c’è un accenno alla prevenzione sanitaria nelle scuole, elemento per noi fondamentale per creare una connessione tra istruzione e medicina territoriale. Sembra che abbiano preso la nostra piattaforma e abbiano fatto l’opposto”.
Di Bartolo si sofferma anche sullo “scollamento” che le linee prevedono rispetto alla realtà. Un esempio? I banchi dovranno per forza essere singoli, ma non ci si sta occupando di questo aspetto. “Fondamentalmente si parla di una scuola a settembre di un certo tipo, ma – di fatto – noi torneremo in una scuola identica a quella dello scorso anno perché nulla è stato fatto dal punto di vista delle infrastrutture”. Anche per ciò che riguarda il punto relativo al mantenimento della didattica a distanza, in modo misto, nelle scuole secondarie di secondo grado, Di Bartolo ad esempio si augura – ma ancora non sta accadendo – che non venga lasciata all’iniziativa delle singole scuole ma che ad esempio si strutturi finalmente una piattaforma che sia la stessa da nord a sud. Per non parlare poi del fatto che – secondo quanto dicono i dati – un milione di ragazzi – per più motivi – non si sono collegati.
Il sindacato è preoccupato
Anche il segretario generale della FLC CGIL Francesco Sinopoli ha espresso “la forte preoccupazione del sindacato, che è anche quella sottolineata dalle istituzioni scolastiche, per l’enorme carico di responsabilità scaricato sulle autonomie scolastiche da un piano nazionale privo di una prospettiva di lungo periodo e predisposto a risorse invariate, che consentirà di realizzare soluzioni solo in quelle realtà in cui il contesto territoriale lo consente, replicando, anzi aumentando, le differenze già evidenziate nella fase del lockdown”. Insomma, per Sinopoli, non si può scrivere un piano che guardi solo a settembre e non si concentri sulla prospettiva. Le osservazioni e richiese presentate dalla Flc-Cgil sono numerose: estensione dell’obbligo da 3 a 18 anni, potenziamento delle zone a maggiore rischio educativo, ripristino del tempo pieno nella scuola di base e del tempo prolungato nella scuola del primo ciclo, ripristino del tempo laboratoriale e dei tagli disciplinari nella secondaria di secondo grado, riduzione degli alunni per classe, rispetto rigoroso del limite di 20 alunni per classe in presenza di alunni con disabilità, fine del precariato attraverso la stabilizzazione immediata del personale docente e ATA, in particolare dei facenti funzioni DSGA, con importanti requisiti di servizio, ed emanazione di bando ogni due anni con cadenza regolare, edilizia moderna secondo i parametri varati dal MIUR nel 2013.