Quando pensiamo a un olio da condimento, in Italia, indichiamo senza dubbio quello d’oliva. Nonostante anni di pubblicità tesa ad attribuire agli oli di semi presunte doti di leggerezza (poco dimostrabili visto che, a prescindere dall’origine, questi grassi contengono tutti 9 calorie per grammo), la base indiscussa della nostra alimentazione rimane il frutto dell’olivo. Ma questo non toglie che le alternative di semi diversi siano utilizzate, anche se nelle nostre cucine entrano quasi esclusivamente nella preparazione di fritture.
Vale la pena, dunque, di conoscerne i comportamenti una volta sottoposti ad alte temperature, quali sono quelle delle fritture. Partendo da un presupposto che i nutrizionisti non si stancano di ripetere: l’olio migliore per queste cotture è quello d’oliva. Il fatto che sia, generalmente, molto costoso e molto saporito, però, può far optare per un’alternativa.
La più comune, quella degli estratti da semi, è caratterizzata dalla presenza di acidi grassi polinsaturi in misura superiore all’olio d’oliva: ciò significa che, se usati a lungo nella frittura, degradano velocemente e producono sostanze tossiche. Il prodotto di questa trasformazione sono le aldeidi, come l’acroleina, in grado di produrre facilmente danni epatici. Il punto di fumo – così si chiama la temperatura alla quale si forma questa aldeide, proprio perché il fenomeno è visibile attraverso il fumo – non è però identico per tutti i semi. Anche in questo caso si può stilare una classifica dei più resistenti, dunque dei più adatti alla frittura.
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Tra le varie scelte in molti non hanno dubbi. Non li ha, per esempio, Laura Di Renzo professoressa di Nutrizione clinica presso la sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica dell’Università di Roma Tor Vergata. “In generale – ci dice – un olio di semi ricco di acidi grassi polinsaturi e povero di sostante antiossidanti, in cottura ossida facilmente favorendo la formazione di prodotti tossici secondari come l’acrilamide, l’acroleina e i prodotti terminali di glicazione (Age). L’extravergine, monoinsaturo e ricco di sostanze antiossidanti resiste di più alla degradazione termica e produce una minore quantità di sostanze tossiche legate alla frittura”.
Nessun dubbio, dunque? L’olio per la frittura è l’extravergine? “E non solo per la frittura. È il migliore dal punto di vista nutrizionale perché l’acido oleico mantiene bassi i livelli di colesterolo totale, di Ldl, dei trigliceridi, la pressione arteriosa, mentre aumenta i livelli delle Hdl. Contiene inoltre naturalmente, diversamente da altri oli di semi vegetali, tutta una serie di “costituenti minori”, elementi di grande importanza funzionale o nutraceutica, fra cui sostanze antiossidanti e antiinfiammatorie, come la vitamina E, lo squalene, i lignani, l’oleuropeina e i suoi derivati (l’oleocantale), i fenoli semplici (tra cui l’idrossitirosolo ed il tirosolo), che preservano dai processi infiammatori legati alle patologie cronico-degenerative. I componenti minori dell’olio extravergine di oliva contrastano le sostanze tossiche che si formano con la frittura”.
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