Il Consiglio nazionali dei medici ha aggiornato il Codice deontologico dopo la sentenza 242/2019 in cui la Corte Costituzionale ha individuato una circoscritta area in cui l’incriminazione per l’aiuto al suicidio non è conforme alla Costituzione. Si tratta dei casi nei quali l’aiuto riguarda una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale (quali, ad esempio, l’idratazione e l’alimentazione artificiale) e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Se ricorrono tutte queste circostanze, oltre ad alcune condizioni procedurali, l’agevolazione del suicidio non è dunque punibile da un punto di vista penale. Ma cosa succede se, a prestare aiuto, è un medico?
I Consigli di disciplina saranno chiamati a valutare ogni caso nello specifico, per accertare che ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale. Se così sarà, il medico non sarà punibile dal punto di vista disciplinare. Resta, infatti, immutato l’articolo 17 del Codice deontologico secondo il quale il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare né favorire atti finalizzati a provocarne la morte. Tuttavia, negli indirizzi applicativi dello stesso articolo – ed è questa la novità – vengono riportate le condizioni che devono sussistere perché il medico possa evitare l’incriminazione. Il testo è il seguente: “La libera scelta del medico di agevolare, sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, che sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli (sentenza 242/19 della Corte Costituzionale e relative procedure), va sempre valutata caso per caso e comporta, qualora sussistano tutti gli elementi sopra indicati, la non punibilità del medico da un punto di vista disciplinare”.