“La Regione Veneto continua a prorogare gli interventi necessari e a rimandare la realizzazione di quegli studi essenziali per capire di che portata è il danno alla popolazione”. Così la deputata del gruppo misto, Sara Cunial, fa sue le preoccupazioni dei Medici per l’Ambiente (Isde) che ha presentato alla Camera il rapporto scientifico elaborato sulla contaminazione da Pfas in Veneto. Vincenzo Cordiano, Presidente di Isde Veneto, ha detto: “Gli studi finora pubblicati sono di tipo ecologico e retrospettivi perché gli studi della Regione Veneto non sono mai stati pubblicati su riviste “peer reviewed”? L’unico studio sulla popolazione contaminata è quello Isde-Enea”.
L’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente- ISDE ha pubblicato un position paper scientifico che spiega cosa sono i Pfas, quali danni alla salute causa e, nello specifico, quali azioni le Istituzioni del Veneto dovrebbero attuare. Per tali sostanze, come per molte altre sostanze tossiche e cancerogene, non è ancora stato identificato un livello minimo di concentrazione, nelle acque a uso umano come nelle altre matrici fondamentali per la vita, che possa essere considerato innocuo in termini sanitari. Tale evidenza scientifica assume particolare rilievo per le fasce di popolazione maggiormente a rischio (età pediatrica e gravidanza) ed esposte cronicamente, anche considerando le conseguenze del bioaccumulo e le inevitabili interazioni con altre sostanze inquinanti presenti nelle matrici ambientali. Pertanto, nel rispetto dei principi di precauzione e di prevenzione e indipendentemente dai limiti imposti dalla legge, la concentrazione di Pfasnelle acque dovrebbe tendere a zero.
Pietro Paris di Ispra Ambiente, ha spiegato le difficoltà dal punto di vista della valutazione del rischio e della regolamentazione: ” Con oltre 4700 Pfas non è possibile intraprendere valutazioni del rischio sostanza per sostanza, necessario approccio come classe, basata su tossicità o analogie chimiche. Inoltre è inopportuno pensare di risolvere il problema sostituendo i Pfas a catena lunga con altri a catena corta, che presentano comunque problemi per la salute. i Pfas costituiscono un problema planetario, che non conosce confini e barriere amministrative, e quindi non può essere risolto dai singoli stati, necessario mettere in atto interventi globali per prevenire la diffusione di queste sostanze”. Intanto il Consiglio ministri UE ha chiesto un piano d’azione per eliminare tutti gli usi non essenziali di Pfas, ma serve una strategia globale che privilegi il principio di precauzione. “Nel rispetto dei principi di precauzione e di prevenzione e indipendentemente dai limiti imposti dalla legge, la concentrazione di Pfas nelle acque dovrebbe tendere a zero” aggiunge Cordiano”. La deputata Cunial, tornando alla questione Veneta, ha aggiunto: “Non solo i lavori per la costruzione di nuovi acquedotti procedono con enorme ritardo tanto da dover richiedere una proroga, ma anche gli studi epidemiologici adeguati per poter stabilire la portata del danno alla salute dei cittadini, non sono ancora stati avviati”.
Intanto, a fine gennaio, Isde lancerà un progetto di screening clinico ideato insieme al professor Carlo Foresta dell’Università di Padova, che all’argomento ha dedicato giù alcuni studi, per verificare il tipo di connessione tra la contaminazione da Pfas e infertilità maschile.