Olio extravergine italiano: così la speculazione altera i prezzi

Le quotazioni sono più sensibili ai contratti – di carta- che ai quantitavi di olio effettivamente acquistati-venduti sul mercato. Una costante che sta producendo i suoi effetti anche in queste settimane: le cisterne restano piene di olio extravergine italiano nuovo, della campagna olearia 2019-20, e i prezzi all’ingrosso scendono: sulla piazza di Bari, la principale di riferimento per le quotazioni dell’olio di oliva, “l’extravergine italiano di nuova produzione” al 29 ottobre era quotato come prezzo massimo a 4,60 euro al chilo mentre appena due settimane, il 12 novembre scorso,  dopo è crollato a 4,20 euro.

“Vogliono far crollare i prezzi a livelli spagnoli”

Se il prezzo dell’olio crolla è possibile che ci sia tanta offerta. Eppure questa evenienza è esclusa dagli agricoltori e frantoiani come hanno spiegato in unan nota  il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, ed il presidente di Italia Olivicola, Gennaro Sicolo: “Nonostante una buona ripresa produttiva ed una qualità eccellente del prodotto, il mercato dell’olio quest’anno ancora non decolla: gli acquirenti (gli intermediari industriali, ndr) aspettano affinché il prezzo dell’extravergine italiano arrivi quasi al livello di quello spagnolo (2,60 euro al chilo), le cisterne si riempiono e chi ne paga le conseguenze sono come al solito i produttori ed i frantoiani”.

E puntano il dito su possibili speculazioni in atto: “Dopo la disastrosa annata passata, la peggiore di sempre, questa bolla commerciale – concludono  Scanavino e Sicolo – metterebbe definitivamente in ginocchio migliaia di famiglie ed un intero settore simbolo del made in Italy. Per questo auspichiamo una ripresa delle contrattazioni”.

Quanto olio è stoccato

Siamo andati a vedere quanto olio è in giacenza oggi in Italia. Al 1° ottobre 2019, il report Fratoio Italia della Repressione e frodi del ministero delle Politiche agricole, indicava in 42.079 tonnellate l’olio italiano in giacenza. Parliamo di olio “vecchio” della passata campagna olearia che si è aperta il 1° ottobre 2018 e si è conclusa il 30 settembre 2019. Ad oggi invece (1° novembre 2019) lo stesso report ci indica in 44.245 lo stock di olio italiano sfuso. La differenza è di poco più di 2mila tonnelate che, ci spiegano gli esperti, è l’olio nuovo prodotto ad ottobre, mese che inaugura la nuova campagna olearia e che non è mai al top come il mese novembre. Numeri che indcano una stasi sul mercato dal punto di vista dei quantitativi scambiati. Ma non dei contratti firmati.

Scambi di carta, crollo di prezzo

Se non è l’offerta dell’olio nuovo a determinare il crollo dei prezzi, è proprio agli “scambi sulla carta” che dobbiamo guardare per capire il ribasso sospetto della Borsa merci di Bari. “I contratti di acquisto – ci spiega un esperto del settore – sono più veloci e incidono prima sulle quotazioni dell’olio rispetto ai volumi effettivamente scambiati sul mercato: i grandi player stanno acquistando olio “vecchio” con contratti a scaglioni a partire da un prezzo che è meno della metà delle quotaizoni dell’olio nuovo: questo fa crollare le quotazioni dell’olio nuovo”.

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