“Insetti nella pasta Garofalo”. L’azienda: “Colpa della cattiva conservazione”

Valerio Rongaroli, un nostro lettore di Brescia, ci segnala la presenza di insetti in un pacco di pasta Garofalo e ci ha inviato delle foto per documentare la strana presenza:  “Caro Salvagente, come già segnalato da un altro lettore, ho riscontrato la presenza di insetti all’interno di confezione di pasta Garofalo. A distanza di più di un anno il caso si ripete. La confezione non è scaduta e, come mostrano le foto che vi ho inviato (gli insetti sembrano identici a quelli ‘fotografati’ dall’altro lettore), presenta notevole numero di insetti vivi e anche se non si vede bene dalle foto in alcuni punti la pasta sembra ammuffita. Ora mi chiedo: o i negozianti conservano male questa marca oppure c’è un problema all’origine? Cordiali saluti”.

Per sciogliere i dubbi abbiamo chiesto alla Garofalo una spiegazione che punta il dito sull’inadeguata conservazione del prodotto una volta che è uscito dalla fabbrica.

Ecco la risposta completa dell’azienda: “In merito alla segnalazione della vostro lettrore riguardo alla presenza di ‘un notevole numero di insetti vivi’ in una confezione di pasta Garofalo perfettamente integra e non prossima alla data di scadenza, vorremmo ribadire che, come già spiegato in occasione di un’altra segnalazione simile e come riportato sul nostro sito, i piccoli insetti e le uova eventualmente presenti nella materia prima non sopravvivono alle diverse fasi del processo di trasformazione industriale (macinazione, gramolatura, impastamento, compressione, trafilazione, essiccazione) per i caratteristici valori di pressione e temperatura che si sviluppano nel corso delle stesse. Pertanto, episodi di questo genere sono da riferirsi esclusivamente ad aggressioni al prodotto verificatesi durante il processo di conservazione, successivamente all’uscita del prodotto dalla fabbrica, oltre a possibili contaminazioni dovute allo stoccaggio promiscuo con altri tipi di alimenti (soprattutto quelli non trasformati, come cereali e farine) che rappresentano il fattore di rischio maggiore”.