Bene ma non benissimo. Potremmo sintetizzare così gli esiti di una revisione della Dg Sante, la direzione europea della sicurezza degli alimenti, conclusa l’8 febbraio 2019 i cui risultati per quanto riguarda l’Italia sono emersi solo in questi giorni.
L’unità della Commissione europea responsabile della politica di sicurezza e salute alimentare ha pubblicato due relazioni sulla pesca e la trasformazione del tonno, dopo che per anni si sono rincorsi allarmi sull’istamina, le condizioni in cui questo delicato alimento viene conservato, stoccato e venduto ai consumatori. L’istamina, va ricordato, è responsabile della sindrome sgombroide, una patologia causata dal consumo di pesce mal conservato.
Dal 2015, questi i numeri, i membri della rete Rapid Alert System for Food and Feed (RASFF) hanno emesso 1.134 notifiche sui prodotti della pesca, 101 riguardavano prodotti a base di tonno italiani e 70 sono state le notificate partite dalle autorità italiane. Le verifiche della Dg Sante hanno riguardato anche il Portogallo.
Per l’Italia hanno concluso che le autorità italiane hanno sviluppato un sistema di controllo ufficiale supportato da procedure documentate che coprono la catena di produzione dei prodotti della pesca
“In generale globalmente soddisfacente nonostante le carenze osservate, in particolare per quanto riguarda il test dell’istamina, i propri controlli con meno di nove campioni e i piani HACCP non completamente accurati e mantenuti aggiornato.”
Una promozione con più di una critica, come è facile comprendere, che nasce da quanto hanno trovato gli ispettori durante le verifiche nei nostri confini.
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I revisori della Dg Sante, come rivela il portale Food Safety News, hanno visitato quattro laboratori, due pescherecci e nove impianti di trasformazione, compresi i magazzini frigoriferi. Hanno costatato come le autorità italiane a settembre 2017 abbiano adeguatamente informato la filiera sui problemi di istamina legati ai prodotti a base di tonno. Ma hanno anche concluso che il sistema di controlli non è sufficiente a impedire problemi.
Durante la visita a una delle navi da pesca, per esempio, il gruppo incaricato dell’audit ha notato che la macchina per il ghiaccio era installata all’interno della struttura della toilette, non identificata in precedenti controlli.
In una regione italiana a causa di problemi relativi al personale non sono state eseguite ispezioni sulle navi, in un’altra la frequenza era stata ridotta al 10 per cento delle navi da ispezionare sempre per carenze di personale.
Uno dei nove impianti di lavorazione visitati, poi, non aveva un dispositivo di registrazione della temperatura in una cella frigorifera e la temperatura nella stanza non raggiungeva meno 18 gradi. In un altro impianto, le date di scadenza originali dei prodotti confezionati in atmosfera modificata sono state utilizzate per reimballare gli imballaggi sottovuoto dopo l’apertura e il porzionamento, senza che adeguati studi la giustificassero.
Nella metà dei siti visitati i piani di analisi dei pericoli e punti critici di controllo (HACCP) non erano aggiornati. Le imprese alimentari visitate non hanno infine applicato le norme Ue per il test dell’istamina. Spesso analizzavano solo un campione, anziché nove.