Il Salvagente nel nuovo numero in edicola e in versione digitale ha stilato la prima classifica italiana della qualità dei prodotti a marchio dei supermercati.
La sintesi di quattro anni di test di laboratorio che abbiamo condotto, dal maggio 2015, ossia dal primo numero del nostro mensile, fino a oggi. Per realizzarla abbiamo calcolato i giudizi che ognuna delle catene di supermercati e dei discount ha ricevuto nelle nostre analisi. Centinaia di esami di cui abbiamo ponderato i risultati tanto in base al numero di prodotti che abbiamo portato in laboratorio per ogni insegna che in base ai risultati ottenuti.
Nel lungo servizio di copertina, però, abbiamo anche interrogato le catene della distribuzione sulle condizioni che impongono ai loro fornitori, sui controlli che realizzano, su come decidono le promozioni che fanno.
Molti ci hanno risposto, qualcuno ha preferito non farlo, come potrete scoprire sfogliano il Salvagente.
La prima persona con cui abbiamo parlato, ancor prima di iniziare il lungo e tortuoso tour delle insegne della Gdo è stato però Christophe Brusset, autore di “Siete pazzi a mangiarlo!” e più recentemente di “E allora cosa mangio?” (Piemme). Chi meglio di lui, che è stato un insider dell’industria alimentare, poteva spiegare come muoverci e cosa aspettarci dalla grande distribuzione. A lui abbiamo rivolto molte delle domande che i nostri lettori si fanno nei confronti di chi producealimenti sul mercato mondiale. La lunga intervista potrete leggerla nel numero in edicola, qui vogliamo anticiparvi due delle risposte che Brusset ha voluto dare alla nostra Letizia Magnani.
Brusset, Big food influenza e cambia la nostra vita?
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Il paradigma dell’industria, alimentare e non, è uno solo: fare soldi. Possibilmente facendo economia di scala e abbassando più possibile i costi. Ecco perché è concentrata nelle mani di pochi ed enormi gruppi internazionali. Ma per fare margini più alti si abbassa la qualità alimentare, si usano ingredienti sempre più processati e additivi chimici. Alla fine, se ci pensiamo, la pessima qualità del cibo è direttamente collegata alle epidemie e alle malattie che affliggono il mondo, come il diabete, il cancro, l’obesità, le malattie cardiocircolatorie, le allergie e intolleranze, le demenze come il Parkinson e la malattia di Crohn. Ormai l’Oms (l’Organizzazione mondiale della Sanità) ha detto chiaramente che tutte queste malattie sono legate alla diffusione del cibo spazzatura.
Cosa significa davvero qualità per l’industria alimentare?
È la vera domanda da porsi, perché tutti parlano di alta qualità dei prodotti, quindi dobbiamo capire quali sono i parametri. Per l’industria alimentare e per la grande distribuzione alta qualità significa rispettare le regole, stare dentro ai parametri. La qualità loro la misurano in base a tabelle e regole. Prendiamo le caramelle gommose, per stare dentro ai parametri devono avere non più di poniamo 10 additivi e coloranti, ma questa non è qualità. Parliamo di pizze surgelate a basso costo, l’importante è che i nitrati non superino la soglia. Inoltre: chi controlla da dove arrivano il pomodoro e il formaggio? D’altra parte per il consumatore qualità alimentare fa il paio spesso con salubrità e con salute. Insomma, sono interpretazioni molto, molto distanti.