“È assurdo che un bambino abbia nel corridoio un distributore di Coca Cola e merendine. Mettiamo un bel distributore di spremuta d’arancia”. Ad affermarlo è stato il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, al Villaggio della Coldiretti a Milano.
Potremmo dire che finalmente l’educazione alimentare trova una delle sue naturali e logiche collocazioni: la scuola. Questa istituzione, insieme alla famiglia, può rappresentare una delle poche vie percorribili per recuperare tanti anni di “maleducazione alimentare”.
Sull’attuale palcoscenico gli altri attori, che potrebbero fare qualcosa, si nascondono “dietro le quinte” e porgono appena qualche battuta giusto per non essere tacciati di essere una concausa della cattiva educazione alimentare che oggi è evidente e che danneggia specie i più giovani.
Nella mia esperienza anche inserire dei prodotti salutistici e sani, non necessariamente con il marchio del Made in Italy che può essere un plus se è presente, nei famosi distributori automatici o “vender” non risolve il problema.
Si è visto che la scelta da parte dei più piccoli, cade sempre sui prodotti meno salutari ma più conosciuti e anche mettere solo prodotti salutari nel “vender” non rende perché si riducono o azzerano gli acquisti e i distributori tornano alla vecchia strada degli alimenti “spazzatura”.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Una soluzione, forse, da considerare è quella di togliere specie a più piccoli, quella che sembra solo una piccola autonomia economica: quelle poche decine di centesimi che fanno la differenza nella scelta e che rendono possibile sbagliare.
Cosa si potrebbe fare a scuola?
Per i più piccoli potrebbe essere proponibile un “health corner” con un operatore scolastico ad hoc che aiuti a scegliere i prodotti salutari presenti nel “vender” ed evitare gli altri.
Per concludere, la premuta di arance è una splendida idea, devono essere però prodotti di qualità, non zuccherati, non additivati, con un giro-prodotto rapido e sicuro: un progetto interessante ma complesso. Se invece parliamo di semplici succhi forse l’impresa non vale la spesa considerando tutti i parametri nutrizionali che potremmo incrociare in questi prodotti.