Maxi-operazione Nas: irregolare 1 All you can eat su 2. I consigli per evitare rischi

cucina orientale
Sushi, on black background.

“Mangiare quanto puoi” non è sempre una buona idea, a giudicare dai risultati della maxi-operazione dei Nas dei Carabinieri in tutta Italia su ristoranti etnici e depositi di alimenti provenienti dall’estero: riscontrate 477 violazioni e sequestrate 128 tonnellate di cibo per un valore di 232mila euro, in 242 strutture, il 48% di quelle controllate. L’incidenza maggiore, riporta l’Ansa, nel settore della ristorazione, specie negli ‘all you can it’. Le irregolarità più diffusa riguardano: cibi scaduti, scongelati e ricongelati, mancato rispetto delle norme igieniche, etichette incomprensibili, importazioni vietate. Irregolarità anche nel 41% dei controlli a grossisti e depositi di alimenti etnici.

I Nas hanno trovato magazzini abusivi di stoccaggio dei prodotti, cucine mantenute in pessime condizioni igienico-sanitarie, ambienti mancanti dei minimi requisiti sanitari, strutturali e di sicurezza per i lavoratori. Sono stati applicati provvedimenti di chiusura o sospensione dell’attività per 22 imprese commerciali per un valore di 5,3 milioni di euro. In ambito penale i reati maggiormente riscontrati, in totale 27, sono stati la frode in commercio e la cattiva conservazione degli alimenti. ll generale di divisione dei Carabinieri Adelmo Lusi ha spiegato: “Particolare attenzione è stata riservata agli esercizi di ristorazione veloce e a quelli che adottano la formula “all you can eat” per accertare che mantengano i livelli essenziali di corretta prassi igienica e la fornitura di materie prime idonee ad assicurare un livello accettabile di sicurezza per il consumatore”. Aspetti come il mantenimento della catena del freddo soprattutto in relazione ai cibi da mangiare crudi, come il sushi, sono essenziali per evitare problemi anche gravi di salute.

Grillo, le regole valgono per tutti

Il ministro della Salute Giulia Grillo ha commentato l’operazione dei Nas dicendo: “Ben vengano le cucine etniche, a tutti piace il sushi, ma ‘all you can eat’ non può fare rima con rischio di intossicazione alimentare: le regole valgono per tutti. Non si mette a rischio la salute dei cittadini con pratiche illegali per mantenere i prezzi stracciati”. Una considerazione, a dirla tutta, che va bene anche per i tanti casi di aziende italiane al centro di frodi alimentari.

Ma proprio al boom del “All you can eat”, e ai relativi rischi, il Salvagente ha dedicato un servizio con i consigli del nutrizionista Dario Vista nel numero di novembre 2018.

L’importanza dell’abbattimento

Prima di fare l’analisi del caso, specichiamo in modo rudimentale (non ce ne vogliano gli appassionati del “giapponese”) la differenza tra sushi e sashimi: il primo è riso farcito con diversi prodotti tra cui pesce crudo, mentre il sashimi è il solo pesce crudo. L’elemento ricorrente e sempre presente sul tavolo del risto rante giapponese è il pesce crudo. Il rischio principale del pesce crudo, tendenzialmente “azzurro” (quindi salmone, tonno, etc…) sono le larve di un “vermiciattolo” che prende il nome di anisakis.

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Queste, una volta ingerite, si attaccano e trapassano le mucose del nostro apparato digerente provocando danni più o meno importanti (anche letali!) che permangono anche dopo l’intervento delle difese immunitarie. Se il pesce è cotto al cuore ad almeno 60°C per pochi minuti il “rischio anisakidosi” è scongiurato, ma fortunatamente anche per il consumo crudo esistono dei metodi per prevenire il pericolo.

Se il cuore del prodotto si mantiene per 24 ore a una temperatura di almeno -20°C, possiamo dire con certezza che le larve sono “passate a miglior vita”; ma per raggiungere rapidamente queste condizioni il ristorante deve dotarsi di un’apparecchiatura che prende il nome di abbattitore che altro non è che un congelatore che lavora a temperature di esercizio intorno ai -40°C.

Sfatiamo anche l’errata convinzione che la marinatura garantisca il consumo di pesce crudo; l’acidità fa un “baffo” alle larve di anisakis. Sale e affumicatura possono essere una soluzione, ma in condizioni molto spinte, per le quali non conviene rischiare specialmente a casa. Il sushi bar o ristorante che vuole somministrare pesce crudo a rischio anisakis deve quindi garantire il congelamento secondo le modalità sopra descritte ai sensi del Reg. CE 853/2004.

A casa

Se vogliamo invece dilettarci a casa a mangiare salmoni e tonni crudi possiamo affidarci al congelatore, con almeno 3 stelle e all’interno del quale il pesce deve sostare almeno 4 giorni. Facciamo attenzione alla pezzatura, perché garantire al cuore del prodotto determinate temperature servono tempi diversi se parliamo di alici o spessi tranci di salmone.

Ma il pesce crudo scongelato mantiene un’elevata attività dell’acqua, condizione favorevole per lo sviluppo di batteri; inoltre la catena del freddo deve essere sempre mantenuta e monitorata perché sono in agguato altri rischi che non dipendono da vermi e microrganismi. Tra questi c’è la temuta “sindrome sgombroide” e i sui terribili sintomi, causata dalla trasformazione di un amminoacido, l’istidina in istamina a seguito di un cattivo stato di conservazione. I pesci somministrati nei ristoranti giapponesi, specialmente il tonno, sono ricchi di istidina rispetto ai comuni pesci bianchi.

I segnali a cui stare attenti

in assenza di ulteriori adempimenti per i gestori che garantiscano maggiore trasparenza, di seguito sono elencate alcune indicazioni per difenderci negli “All you can eat” che servono pesce:

• la colorazione delle carni deve essere lucida e uniforme;

• al tatto deve essere freddo e non attaccaticcio;

• il sushi è meglio consumarlo al bancone dopo che lo chef lo ha modellato (si riducono

i tempi di sosta del pesce crudo)