L’accusa dell’Echa: “654 aziende violano la sicurezza chimica”

CODICE UFI

Sono 654 le aziende europee che non rispettano il regolamento Reach, ovvero le norme sull’utilizzo delle sostanze chimiche per evitare pericoli per l’ambiente e la salute dei consumatori. I big dell’industria chimica, un po’ come le case automobilistiche nello scandalo del Dieselgate, non avrebbero effettuato test di sicurezza prima di utilizzare composti come il Dibutilftalato (plastificante usato nei mobili, giocattoli, carta e calzature, noto per provocare danni ai feti e per ridurre la fertilità), il Metilacetato (usato nei prodotti di rivestimento, adesivi e sigillanti, cosmetici e prodotti per la cura personale, prodotti per il lavaggio e la pulizia, capace di provocare gravi irritazioni agli occhi) e il Tricloroetilene (usato nei processi industriali, potenzialmente cancerogeno).

Nessun test di sicurezza

L’accusa arriva da chi il regolamento Reach ha il compito istituzionale di “compilarlo” di farlo rispettare ovvero l’Echa, l’Agenzia europea sulle sostanze chimiche, che a novembre scorso per bocca del suo direttore Bjorn Hansen all’Europarlamento ha ammesso che due terzi dei casi investigati dai suoi servizi non sono conformi al regolamento Reach. Parlando nell’Aula di Strasburgo a novembre scorso di fronte ai parlamentari che denunciano un “dieselgate dell’industria chimica”, il direttore dell’Echa, ha tuttavia, rifiutato di fornire il nome delle società incriminate e i prodotti interessati.

Nomi e sostanze che ora sono stati, almeno in parte, svelati dall’associazione ambientalistatedesca Bund che ha reso noti i documenti di indagine del Bfr, l’Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi, sulle aziende che impiegherebbero le sostanze chimiche senza i dovuti test di sicurezza preventivi.

Le aziende coinvolte

Secondo i dati diffusi da Bund le 654 società “nel mirino” sono identificate nei 41 dossier. La Germania ha identificato la maggior parte delle infrazioni societarie, 169, mentre il Regno Unito ne ha 80, i Paesi Bassi 68, la Francia 56, l’Italia 49, la Spagna 42 e il Belgio 38. “Cinque delle prime 10 società chimiche globali di vendita – scrive in una nota l’Eeb, l’European environmental bureau è una rete di oltre 143 organizzazioni ambientaliste tra cui Bund – sono implicate: Basf, Dow Chemical, Sabic, Ineos, ExxonMobil. Altri includono 3M, Henkel, Sigma-Aldrich, Solvay, Du Pont, Clariant, Thermo Fisher. Alcuni sono responsabili di scandali passati, inclusi Bayer (glifosato), Dow Chemical (Bhopal) e Chemours (GenX). Altre aziende note includono Michelin, BP e Endesa. I produttori di prodotti sensibili includono il gigante dei cosmetici L’Oréal, la ditta di alimenti e bevande Dsm e il produttore di medicinali Merck“.

Sostanze cancerogene e interferenti endocrini

L’esposizione giornaliera a un mix di sostanze tossiche sta alimentando livelli crescenti di cancro, disturbi riproduttivi, malattie metaboliche come diabete e obesità e danni allo sviluppo neurologico. I prodotti chimici pericolosi sono onnipresenti nel cibo, nell’acqua, nei prodotti cosmetici, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro e si trovano anche negli ambienti più remoti. Entrano nei nostri corpi principalmente per ingestione, ma anche attraverso la pelle e i polmoni, in genere attraverso la polvere e il vapore. Oggi, spiega l’Eeb, più di 300 sostanze chimiche industriali sono presenti negli esseri umani che non erano presenti nei nostri nonni. I bambini sono ormai considerati come nati “pre-inquinati”.

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Manuel Fernandez, responsabile della politica in materia di sostanze chimiche di Bund, ha dichiarato: “Le aziende chimiche hanno ignorato la legge per anni e se la sono cavata, vendendo sostanze che potrebbero causare tumori ormonali, disturbi cerebrali e altri gravi problemi di salute. Come consumatori, siamo tenuti all’oscuro, non sapendo se i prodotti di uso quotidiano sono sicuri o meno. Quello che sappiamo è che le autorità europee e nazionali devono aumentare il loro gioco in grande stile”.

Le associazioni riuninte nell’Eeb vogliono che l’Echa identifichi chiaramente tutti i dossier sulle sostanze non conformi e le imprese responsabili nel suo database. L’Echa, insistono, dovrebbe verificare retrospettivamente i fascicoli non conformi identificati dal BfR per completezza, nonché migliorare, aumentare e accelerare i controlli di conformità. “Le autorità nazionali – concludono – dovrebbero aumentare la trasparenza e imporre sanzioni più severe, tra cui multe, e procedimenti penali senza indugio”.