Dal 1° marzo anche in Piemonte non si paga più il ticket farmaceutico. Una nuova regione che si aggiunge alla lista – ancora breve – di quelle che hanno fatto questa scelta: Friuli Venezia Giulia, Marche, Sardegna. Altre Regioni hanno deciso invece di abolire il superticket sanitario, ovvero la tassa introdotta nel 2011 che prevede il pagamento di 10 euro (ma la cifra può variare a seconda di quanto decide ogni Regione) in più per ogni ricetta per prestazioni di diagnostica specialistica. A dirla tutta ci si attendeva dall’ultima manovra di bilancio che il governo vi rinunciasse, abolendolo definitivamente in tutta Italia, ma così non è stato e la palla è dunque adesso tornata alle Regioni, che sono libere di decidere se applicarlo o meno. Questo ovviamente dipende da quanto denaro ha lamministrazione per potersi permettere di eliminarlo. L’Emilia-Romagna, ad esempio, lo ha abolito a gennaio grazie ai risparmi fatti negli anni. E anche per il Piemonte la parola chiave è stata la stessa: risparmio.
Piemonte: addio alla “tassa sulla salute”
Ma andiamo con ordine. Il ticket sui farmaci è in vigore dal 2002 con l’obiettivo di controllare la spesa farmaceutica ma – ci spiega la Regione Piemonte – “I dati ci dicono invece che non si è verificata alcuna correlazione tra l’applicazione del ticket e il variare della spesa per i medicinali. A conti fatti, era diventata solo una tassa sulla salute per i cittadini, quindi ci è sembrato giusto eliminarla”. E per quanto riguarda il ticket farmaceutico, come avete fatto ad abolirlo? chiediamo. “In questi ultimi anni, come Regione Piemonte, siamo riusciti a ottenere risparmi consistenti grazie all’introduzione delle gare nell’acquisto dei farmaci. L’apertura al mercato e l’introduzione della concorrenza ci hanno consentito di ridurre notevolmente i costi a carico della Regione, liberando risorse da reinvestire nel sistema sanitario regionale”.
Quando però si sente parlare di riduzione dei costi, conoscendo gli effetti sui cittadini della ormai terrificante frase “spending review”, la domanda che nasce spontanea è: ci possono essere ricadute negative sul welfare dal momento che ci sarebbero meno entrate? La Regione Piemonte precisa immediatamente: “No, in nessun modo, perché il minore introito per il bilancio della Regione è ampiamente coperto dai risparmi ottenuti sulla farmaceutica in questi anni. Solo nel 2018 in Piemonte la spesa sulla farmaceutica convenzionata rispetto all’anno precedente è diminuita di 27,7 milioni grazie a una migliore gestione”.
I risparmi dell’Emilia-Romagna
Anche l’Emilia-Romagna ha puntato sulle economie per bilanciare le uscite. “Attraverso la nostra centrale degli acquisti, la piattaforma Intercent-ER, che ci consente di fare gli acquisti per tutte le Asl dell’Emilia-Romagna insieme ottenendo dei prezzi vantaggiosi, siamo riusciti negli anni a risparmiare decine di milioni di euro” ci dicono facendo un semplice esempio: se a Bologna l’Asl ha bisogno di 10 siringhe e a Piacenza l’Asl ha bisogno di altre 10, ecco che facendo un ordine di 20 siringhe riusciamo a strappare un prezzo inferiore, a parità di prodotti. Con queste economie di scala la Regione è riuscita ad abbassare i costi anche del 50%.
La Regione a gennaio 2019 ha abolito il superticket. L’Assessore alle politiche per la salute, Sergio Venturi, ha dichiarato che si tratta di “un risparmio vero per milioni di cittadini”. E allora andiamo a vedere le cifre: fino a gennaio la quota aggiuntiva sui farmaci definita superticket era di 2 euro a confezione o 4 euro a ricetta, quello su visite ed esami era fino a 10 euro a ricetta. Questi superticket sono stati aboliti per i nuclei familiari con redditi annui fino a 100.000 euro. Secondo le stime della Regione, i cittadini residenti in Emilia Romagna beneficeranno così di un risparmio annuo di circa 34 milioni di euro interamente coperti da risorse regionali. In pratica la Regione darà allo Stato sempre lo stesso importo solo che mentre una parte prima era a carico del cittadino ora di quella stessa parte se ne farà carico l’ente, grazie alle risorse messe da parte negli anni con i risparmi sugli acquisti.
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Il fondo nazionale
Avendo più risorse in circolo è chiaro che ogni Regione può fare delle politiche sanitarie differenti. Esiste infatti un fondo nazionale per la sanità che viene ripartito tra tutte le regioni italiane: ognuna se lo gestisce in funzione della propria organizzazione, delle scelte che fa, delle risorse aggiuntive che decide di metterci poiché è chiaro che non è sufficiente quello nazionale per far funzionare tutta la sanità. Questo ha comportato che in Italia le spese per i farmaci, per le prestazioni sanitarie, per gli accertamenti, ecc. siano molto diverse. Certo, si può pensare che il ticket sia poca cosa ma chiedetelo a qualcuno che ha un familiare malato, che magari richiede cure costanti per lunghi periodi.
La Sicilia non rinuncia, la Toscana abolisce il superticket
La Regione Sicilia ad esempio ci dice che al momento non è intenzionata ad abolire alcun tipo di ticket mentre la Regione Toscana sottolinea che ha istituito il ticket sulla farmaceutica nel 2011 in applicazione del D.L. 98/2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria) e che, sempre nella stessa Legge, era previsto anche il superticket (la quota di 10 euro “modulabile di regione in regione” da aggiungere al ticket ordinario). Per quanto riguarda il ticket ordinario in Toscana vi è una franchigia di 38 euro, mentre per quanto riguarda il superticket ecco l’annuncio: dal 1° aprile 2019 non sarà più dovuta la quota di digitalizzazione di 10 euro prevista per le prestazioni di diagnostica per immagini (radiologia).
Anche in questo caso, ci spiega la Regione Toscana, “Le mancate entrate derivanti dal superticket, per le regioni che lo hanno abolito o comunque alleggerito, sono compensate con economie derivanti da una maggiore efficienza del sistema”. Ma fino a che punto le Regioni sono autonome per quanto concerne questo argomento specifico? Ci risponde ancora la Toscana: “Dipende dal bilancio regionale: se una Regione è in pareggio può agire sulle compartecipazioni riducendole (si parla in tal caso di erogazione di LEA aggiuntivi), ossia la Regione eroga in esenzione prestazioni sulle quali invece sarebbe prevista la compartecipazione dell’utente”.