Se l’Europa tentenna di fronte alla necessità di indicare ai consumatori il biossido di titanio come “probabile cancerogeno”, la Francia è molto più prudente e sta lavorando per metterlo al bando quanto prima. Addirittura, il gruppo Casino ha annunciato l’eliminazione entro l’anno del biossido di titanio da tutti i prodotti a proprio marchio, non solo dagli alimentari.
La decisione francese di mettere al bando l’additivo è contenuta in un emendamento presentato dal ministro dell’Agricoltura e dell’alimentazione, Stéphane Travert, alla legge sugli Stati generali dell’alimentazione discussa dall’Assemblea nazionale. E non è certamente casuale. I nostri cugini francesi applicano il cosiddetto principio di precauzione. Il biossido di titanio viene aggiunto agli alimenti soprattutto per una questione estetica (rende il bianco più “splendente”) e siccome non c’è certezza sulla sua sicurezza in Francia preferiscono farne a meno. Come dare loro torto?
Oltralpe sono abituati a prendere in considerazione le conclusioni degli studi scientifici. I nostri lettori, sanno, ad esempio che sono stati i primi a non sottovalutare il pericolo fenossietanolo nei prodotti per l’igiene dell’infanzia e ci sono molti altri esempi di attenzione alla salute dei consumatori. E questo del biossido di titanio ne è un altro esempio.
Se ingerito è cancerogeno
A mettere in allarme i francesi, uno studio condotto su animali dall’Istituto nazionale francese per la ricerca agronomica (Inra), pubblicato nel gennaio 2017 dalla rivista Scientific Reports, secondo cui l’esposizione cronica al biossido di titanio – soprattutto nella sua forma nanometrica – tramite la sua ingestione, “provoca stadi precoci di cancerogenesi”. Per giungere a queste conclusioni, per 100 giorni, i ricercatori hanno somministrato ai ratti 10 mg per ogni chilo di peso corporeo di biossido di titanio, una dose simile all’esposizione umana media. Gli studiosi hanno notato che nel gruppo di ratti sani esposto all’additivo, 4 su 11 hanno sviluppato delle lesioni pre-neoplastiche spontanee. Le conclusioni dell’Inra, come ha specificato lo stesso ente, non erano direttamente applicabili all’uomo ma certamente andavano tenute in considerazione.
L’Anses chiede altri studi
È quanto ha fatto pochi mesi dopo, ad aprile, l’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, chiamata in causa dai ministri dell’Economia, della Salute e dell’Agricoltura del governo francese preoccupata dai risultati dello studio dell’Inra. In un parere sulla sicurezza dell’E171, l’Agenzia aveva affermato che “è necessario condurre, secondo modalità e un calendario da definire, gli studi necessari per una perfetta caratterizzazione dei potenziali effetti sanitari legati all’ingestione”. Come se non ci fossero già abbastanza preoccupazioni, a settembre dello stesso anno è arrivato il colpo di grazia del mensile 60 millions de consommateur che ha pubblicato i risultati dei test condotti su diciotto dolciumi particolarmente popolari tra i bambini, che in etichetta indicavano correttamente la presenza del colorante E171, cioè del biossido di titanio: tutti contenevano il colorante in nanoparticelle e ciò avrebbe dovuto essere indicato in etichetta con la dicitura “nano”, cosa che nessun produttore aveva fatto.
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Non è neanche stato necessario aspettare i nuovi studi dell’Anses che il governo francese è corso subito ai ripari mettendo al bando un additivo inutile e (con ogni probabilità) dannoso.
Il mercato si adegua
Il gruppo Casino non è il primo ad aver rinunciato al biossido. Diversi produttori francesi già a inizio anno avevano deciso di rimuovere lo sbiancante. È quel che ha fatto William Saurin, che lo ha tolto dalle ricette dei suoi piatti pronti e di Lutti che non utilizza più l’additivo nelle sue caramelle. Insomma, di fronte ai sospetti sia le grandi che le piccole aziende hanno cominciato a fare a meno dell’E171. E dove non è possibile la sostituzione, stanno eliminado i prodotti dagli scaffali.
Anche le grandi catene di supermercati hanno espresso il desiderio di rimuovere i nano-ingredienti dai loro prodotti a marchio. Alcuni hanno già interrotto la commercializzazione dei prodotti quando la sostituzione si è rivelata impossibile.