È l’additivo più usato e meno dichiarato per rendere belle vivide le carni e il pesce: l’anidride solforosa secondo il Piano nazionale additivi 2015-2018 è quello che ha fatto registrare più non conformità tra i campioni analizzati dal ministero della Salute. A seguire troviamo i nitrati, anch’essi tecnicamente dei conservanti anche se spesso impiegati per evitare o ritardare l’ossidazione e quindi l’imbrunimento delle carni.
Ieri il ministero presieduto da Giulia Grillo ha pubblicato la Relazione al Piano nazionale di controllo sugli additivi “rilasciando” i risultati per il 2017. Nel terzo anno di applicazione sono stati analizzati complessivamente 3.627 campioni, tra prodotti alimentari (3.458) e additivi tal quali (169), per un totale di 12.416 analisi svolte.
La percentuale di non conformità riscontrata è relativamente bassa, appena l’1,5%, ed è rimasta sostanzialmente costante rispetto agli anni precedenti: 2% nel 2015 e 1.3% nel 2016.
Tuttavia sono due gli additivi che vengono impiegati in modo irregolare, magari semplicemente non essendo dichiarati in etichetta: l’anidride solforosa, l’E220 (positivi 23 campioni, 18 di carne e 5 di pesce) e i nitrati, E251 e E252 (14 positività , anche in questo caso in carne e pesce). Di seguito un estratto dal rapporto.
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Gli effetti sulla salute
Per entrambi esiste naturalmente l’obbligo di etichettatura.
L’andidride solforosa è particolarmente pericolosa per gli asmatici ed è irritante per le mucose e per le vie respiratorie. È anche considerata responsabile della mancata assimilazione della vitamina B1. È un allergene e quindi vi è l’obbligo di essere evidenziata in etichetta.
I nitrati possono trasformarsi in nitriti che a loro volta danno vita nell’organismo alla formazione delle cancerogene nitrosammine.
“Monitorare solfiti ed edulcoranti”
Scrive il ministero nel rapporto: “L’analisi delle diverse tipologie di non conformità riscontrate confermano la necessità di monitorare l’uso corretto o non consentito di additivi negli alimenti, ponendo particolare attenzione ad additivi quali i solfiti, sanitariamente rilevanti”. Non solo. “I dati del 2017 confermano che la classe funzionale degli edulcoranti, risulta complessivamente ancora poco indagata sotto il profilo analitico, probabilmente per il ridotto numero di laboratori ufficiali con metodi accreditati per tali additivi”.