Un parametro chimico (acidità 0,3%), un valore nutrizionale (contiene fibre), una promessa salutistica (a basso contenuto di sodio) deve valere per sempre, ovvero per tutta la vita del cibo confezionato. Tanto più se parliamo di olio extravergine di oliva che per legge, oltre a superare il test organolettico, deve rispettare determinati parametri chimici: acidità (inferiore o uguale a 0,8 grammi per 100 g di prodotto), perossidi (inferiori o uguali a 20), cere (misurate in mg/kg), assorbimenti all’ultravioletto.
ll nuovo regolamento 1096/2018 sull’etichettatura dell’extravergine entrato in vigore il 6 agosto scorso, come ricorda un dettagliato articolo di Teatro Naturale, portale di riferimento per l’olio diretto da Alberto Grimelli, nel confermare l’obbligatorietà dei cinque parametri, ribadisce un concetto non sempre rispettato dalle aziende del settore e che invece ora è stato scritto nero su bianco. “Il regolamento comunitario – scrive Grimelli – chiarisce un punto che è stato oggetto di molte diatribe, anche giudiziarie, prevedendo che quanto indicato in etichetta corrisponda a quanto previsto al termine della shelf life del prodotto. Non si potranno quindi più indicare i valori all’atto dell’imbottigliamento, sulla base di analisi chimica effettuata, ma quelli ragionevolmente prevedibili alla fine della vita dell’olio”. Una decisione importante a tutela del consumatore anche se, ricorda l’esperto, “ll nuovo regolamento non ha fatto chiarezza fino in fondo, omettendo di definire il modello previsionale sulla base del quale calcolare i parametri chimici allo scadere del termine minimo di conservazione”. Staremo a vedere come si regoleranno le aziende e cosa risponderanno le autorità nazionale e comunitarie.