Sullo sfruttamento del marchio prosecco, che rischia di trasformare ampie zone agricole del veneto in una monocultura viticola, arriva lo stop della Regione e dallo stesso consorzio. Intervenendo a un incontro con i soci della Cantina di Mareno di Piave, il governatore Luca Zaia e il presidente del prosecco Doc, Stefano Zanette hanno invitato i produttori a non piantare uva glera (il vitigno utilizzato per il prosecco) al di fuori delle aree già riconosciute, nella speranza di un allargamento della zona di certificazione.
“Abbiamo già quello che ci serve”
Come riporta la Tribuna di Treviso, Zaia ha detto: “Scordatevi che io vi trasformi il Glera in prosecco”, “io non firmerò nessun decreto in tal senso. Perché oggi abbiamo circa 7 mila ettari di piante Glera che non danno vita al vino Prosecco ma producono, appunto, Glera” e non ne servono altre, ha insistito, spiegando che ogni anno il mercato richiede un incremento di 1200 ettari destinati al prosecco. Ma la Regione vuole evitare la monocoltura, per un vino che ha fatto il boom negli ultimi anni e conta 540 milioni di bottiglie vendute in un anno. “Io sono convinto – ha spiegato Zaia – che nuovi vigneti di Prosecco non debbano essere piantati, bisogna invece recuperare i 1200 ettari l’anno all’interno dei 7mila di Glera, che sono già in produzione. Vi piaccia o non vi piaccia, io non posso firmare un decreto che autorizza nuovi impianti”.
In arrivo la doc per il Pinot grigio
Sia Zaia che Zanette hanno poi invitati i produttori sorpresi a coltivare uva per altre produzioni, come il Pinot grigio “che sta diventando una nuova Doc, sulla quale tra l’altro stiamo investendo – ha spiegato Zaia – oggi produciamo 3 milioni di ettolitri. E poi il Pinot nero. Si cerchi, insomma, di differenziare”. Entrambi hanno esortato a insistere sulle produzioni bio, “che sono il futuro, come dimostra il mercato”. Un segnale senz’altro positivo e incoraggiante, visto che le coltivazioni di prosecco sono ancora oggetto di pesante uso di pesticidi, che lasciano tracce anche sul vino che finisce in vendita, come raccontato dall’inchiesta del Salvagente di giugno.
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