“Un modo semplice, veloce, efficace e gratuito a disposizione degli investitori per risolvere controversie con gli intermediari (banche, sim, ecc) senza doversi rivolgere al giudice”.
È con queste parole che viene descritto sul sito l’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf), istituito da Consob un anno e mezzo fa (precisamente il 9 gennaio 2017) con il preciso obiettivo di offrire un’opportunità ai consumatori che hanno controversie di tipo finanziario, velocizzando l’iter, in modo economico (non sono previsti i costi) e senza intasare i tribunali.
Peccato che, però, che l’informazione non corrisponda alla realtà dei fatti, come denuncia Konsumer Italia, che ha già pronta una richiesta di audizione a Consob per sollevare il caso e far emergere la lentezza dei procedimenti, pari forse alla tempistica di “un tribunale efficiente”.
Facciamo un passo indietro.
Acf nasce sul modello di Abs (Arbitro bancario finanziario), strumento gestito dalla Banca d’Italia, che si occupa di risolvere problematiche che insorgono tra le banche e gli utenti, sempre con l’obiettivo di “alleggerire i tribunali”, come spiega l’avvocato Massimo Melpignano, responsabile di Konsumer Italia.
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I punti di forza di Acf, sulla carta, sono i seguenti: “Economicità del procedimento, velocità e assicurazione di arrivare ad una decisione finale, che dà ragione o torto ad uno dei due soggetti”, spiega Melpignano. Infatti, dal momento in cui Acf raccoglie la documentazione necessaria a formare un fascicolo, “la decisione deve arrivare in 90 giorni”. Ma, nella realtà dei fatti, “noi abbiamo casi di procedimenti in corso da 13 o 16 mesi”, fa sapere Melpignano.
Ma l’inghippo è ancora più intricato, perché, oltre tutto, il passaggio attraverso uno strumento di conciliazione (sia quello proposto da Consob così come un altro generalista) è obbligato: “Il consumatore, infatti, non può fare causa se non ha prima tentato la conciliazione”. Non solo. Il regolamento – sebbene si debba leggerlo accuratamente per ottenere questa informazione che non viene data ad esempio tra le informazioni basilari sul sito – prevede anche che, se l’arbitro giudica che l’intermediario (ad esempio la banca) abbia torto, questo non è obbligato a rimborsare, ma deve comunicare la sua mancata ottemperanza dell’adempimento con una nota “sull’home page del proprio sito, su due quotidiani nazionali di cui uno economico e sul sito di Acf”. Cervellotico, se non altro. Dunque, il consumatore, in attesa della decisione da molti mesi da Acf, ha le mani legate: non può fare causa e oltre tutto non è certissimo di essere rimborsato.
Un circolo vizioso, insomma, a maggior ragione se si pensa che lo strumento è nato per velocizzare i procedimenti e alleggerire i tribunali, oltre che per far sì che il consumatore non debba pagare un legale. Di cui, poi, forse, dovrà servirsi, più avanti.
Dal canto suo, Acf, il 9 gennaio 2018, primo anniversario di vita dell’arbitro, ha comunicato i numeri raggiunti, riferendo di un “bilancio positivo”: 1.879 i ricorsi pervenuti, quasi 100 milioni di euro l’ammontare delle richieste di risarcimento con una media di 55mila euro a ricorso (da ricordare che Acf è competente per richieste fino a 500mila euro). Le decisioni raggiunte al 31 dicembre 2017 sono state 305, di cui 187 di accoglimento e 118 di rigetto dei ricorsi. Nel 63% dei casi la decisione è risultata favorevole del tutto o in parte ai ricorrenti che hanno ricevuto risarcimenti per un ammontare complessivo di 5,2 milioni di euro, con una media di 28mila euro a ricorso. Per 103 ricorsi si è arrivati alla chiusura prima di arrivare alla decisione, perché si è raggiunto un accordo tra le parti. Secondo Acf le “lamentele riguardano principalmente i servizi d’investimento, in particolare la consulenza, la ricezione e l’esecuzione ordini; per quest’ultimo servizio, il dato è fortemente condizionato dai numerosi casi dei cosiddetti scavalcati, legati alle vicende delle due banche venete”, si legge nel comunicato di Acf: si sarebbe trattato di un iper lavoro che avrebbe rallentato anche l’arbitro, nato per alleggerire i tribunali. Quindi i soggetti intasati, ad oggi, sono almeno due.