Lo shopper compostabile fa decollare l’ortofrutta confezionata (e il conto alle casse)

A pochi mesi dall’introduzione dell’obbligo dei sacchetti biodegradabili in Italia, già si rilevano i primi effetti sulle dinamiche degli acquisti di prodotti ortofrutticoli freschi tra i banchi dei supermercati. E le stime Ismea danno un segnale per lo meno paradossale: una flessione delle quantità vendute di “sfuso” del 3,5% ( -7,8% la spesa) a fronte di un’impennata senza precedenti degli acquisti di ortofrutta fresca confezionata (+11% in volume e +6,5% la spesa).

L’aumento ha riguardato essenzialmente gli ortaggi (+6%), le patate (+3%), la IV gamma (+3%) e gli agrumi (+6%), mentre il resto della frutta ha registrato un calo del 10% circa. La spesa delle famiglie, invece, ha registrato una riduzione del 2,5% per effetto del calo dei prezzi medi di tutte le principali categorie.

Il paradosso è che, per tentare di risparmiare qualche centesimo sullo shopper, si mettono nel carrello prodotti, come aveva verificato anche in passato il Salvagente, che costano perfino 4 volte di più di quelli sfusi. E non stiamo parlando, solo delle verdure giù pulite o già tagliate, che ci addebitano – perlomeno – il servizio e la comodità di non dover fare queste operazioni a casa.

Che servizio c’è nel pesare e incartare le mele, le pere o le zucchine romanesche? Eppure questa operazione fa “lievitare” questi ortaggi anche di 4 volte.

E, se non avete a cuore il portafogli, almeno dedicate un pensiero all’ambiente quando siete allo scaffale: tra polistirolo, plastica e retine (spesso neppure differenziabili) quanto spreco di materiale comportano queste confezioni?

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