Miele di bassa qualità, “annacquato” e addizionato di zuccheri come sciroppo di mais, barbabietola e ultimamente riso. È questa la frode più comune sul prezioso prodotto degli alveari che proprio in quanto molto caro e molto richiesto fa gola ai truffatori che guadagnano in questo modo e per di più si riparano dietro pratiche difficili da scovare con i metodi di indagine attuali per le frodi alimentari.
I risultati del Piano di controllo coordinato dell’Unione europea non lasciano spazio ai dubbi: è questo il problema più comune, seguito dalla falsa descrizione dell’origine geografica e/o botanica (in quest’ultimo caso vendendo spesso per miele d’acacia un comune millefiori). La mancanza di dati compositivi (impronte chimiche) di autentici mieli e prodotti usati come adulteranti rappresenta il più grande ostacolo ai fini del controllo ufficiale.
E i controlli sono urgenti, dato che la grande domanda in Europa, di gran lunga superiore alla produzione comunitaria, spinge i truffatori a speculare.
Nei casi in cui è stata scoperta la frode (quella dello zucchero aggiunto ha riguardato il 14% dei campioni esaminati) è stata necessaria l’analisi isotopica del carbonio, la spettrometria di massa e la cromatografia liquida per evidenziarli.
Che i sistemi di analisi siano sempre un passo indietro a quelli utilizzati dai truffatori è cosa nota. Già a settembre del 2016, Diego Pagani, il presidente di Conapi,aveva dichiarato al Salvagente che: “Ormai in Cina il miele neanche lo raccolgono, lo fabbricano direttamente e una frode del genere è anche difficile da smascherare”. Il presidente del Consorzio nazionale apicolo aveva infatti spiegato: “La contraffazione a base di sciroppo di riso è difficile da scoprire perchè gli zuccheri contenuti sono talmente simili a quelli naturali del miele che anche con le analisi isotopiche – le più specifiche previste, ndr – è complicato smascherarla”.
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Il falso miele, nonostante i controlli e le precauzione sull’import adottate dagli apicoltori, spesso trova sponda in operatori compiacenti e in maglie troppo larghe di alcune frontiere. “La triangolazione – spiegava al nostro giornale il presidente Conapi – è la classica operazione attraverso la quale un miele extracomunitario entra illegalmente in un paese membro e diventa comunitario. Purtroppo per quello cinese la Spagna resta una porta troppo aperta ma anche Belgio e Inghilterra dovrebbero vigilare più attentamente”.
Un problema che va di pari passo con la crescita delle importazioni, che non accenna a calare in Italia: nei primi 9 mesi del 2107, infatti, il miele proveniente dall’estero (soprattutto da Unione Europea, Paesi europei non Ue, America Centro Meridionale e Cina e Asia Orientale) è stato pari a 49 milioni di euro.