Dal test del capello all’iridologia: la fabbrica delle (finte) intolleranze alimentari

Lei è intollerante a pomodori, soia, uova, farina, mozzarella… Quanti di noi conoscono o hanno vissuto in prima persona una diagnosi di questo genere che costringe a escludere una lunghissima lista di alimenti?

Non è un caso limite, sono sempre di più le persone che attribuiscono sovrappeso e obesità o disturbi gastrici, come gonfiore addominale e scarsa digeribilità a possibili intolleranze alimentari. La diagnosi viene ricercata sempre più spesso attraverso test improbabili eseguiti da operatori altrettanto improvvisati. Le conseguenze sono, per l’appunto, diete di esclusione di alimenti.

Regimi alimentari non solo inutili ma anche pericolosi, dato che possono determinare carenze nutrizionali anche gravi negli adulti e soprattutto nei bambini durante la crescita.

Ma davvero le intolleranze alimentari sono la causa di tutti i mali, dal gonfiore addominale, all’obesità, alla calvizie? E, per svelarle, si può far conto su test come l’analisi del capello o l’iridologia, magari condotti in un centro non autorizzato da parte di personale non sanitario?

A fare chiarezza, arriva un decalogo condiviso dalla Federazione nazionale degli ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri – Fnomceo e dalle principali società scientifiche di settore.

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Spiegano Gianluigi Spata, componente del Comitato Centrale Fnomceo e Antonio Caretto, presidente ADI (Associazione Italiana Dietetica e nutrizione Clinica): “L’intento di questo decalogo è stimolare l’attenzione della popolazione, attraverso dieci piccole regole, su questa tematica, in modo da evitare di incorrere nell’errore di false diagnosi e terapie e diete inappropriate. La condivisione del decalogo da parte delle maggiori società scientifiche che si occupano del problema, della Federazione degli Ordini dei Medici e del Ministero della Salute vuole sottolineare l’importanza del documento e rafforzare il messaggio”.

IL DECALOGO ANTIBUFALA

SULLE INTOLLERANZE ALIMENTARI

Vediamo, dunque i contenuti del decalogo:

  • Le intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità, che sono condizioni causate prevalentemente da uno stile di vita inadeguato. Le intolleranze alimentari “vere” sono poche e possono indurre disturbi gastrointestinali o di altro genere.
  • No all’autodiagnosi e ai test effettuati direttamente presso i centri laboratoristici senza prescrizione medica. Se si sospetta una reazione indesiderata a seguito dell’ingestione di uno o più alimenti è necessario rivolgersi al proprio medico, che valuterà l’invio allo specialista medico competente. Lo specialista è in grado di valutare quali indagini prescrivere per formulare la diagnosi più corretta.
  • Non rivolgersi a personale non sanitario e attenzione a coloro che praticano professioni sanitarie senza averne alcun titolo. Spesso i test non validati per la diagnosi di intolleranza alimentare, vengono proposti da figure professionali eterogenee, non competenti, non abilitate e non autorizzate, anche non sanitarie. Non effettuare test per intolleranze alimentari non validati scientificamente in centri estetici, palestre, farmacie, laboratori o in altre strutture non specificatamente sanitarie. Solo il medico può fare diagnosi.
  • Diffidare da chiunque proponga test di diagnosi di intolleranza alimentare per i quali manca evidenza scientifica di attendibilità. I test non validati sono: dosaggio IGg4, test citotossico, Alcat test, test elettrici (vega-test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest), test kinesiologico, dria test, analisi del capello, iridologia, biorisonanza, pulse test, riflesso cardiaco auricolare.
  • Non escludere nessun alimento dalla dieta senza una diagnosi ed una prescrizione medica. Le diete di esclusione autogestite, inappropriate e restrittive possono comportare un rischio nutrizionale non trascurabile e, nei bambini, scarsa crescita e malnutrizione. Possono inoltre slatentizzare disturbi alimentari. Quando si intraprende una dieta di esclusione, anche per un solo alimento o gruppo alimentare, devono essere fornite specifiche indicazioni nutrizionali, per assicurare un adeguato apporto calorico e, di macro e micronutrienti.
  • La dieta è una terapia e pertanto deve essere prescritta dal medico. La dieta deve essere gestita e monitorata da un professionista competente per individuare precocemente i deficit nutrizionali e, nei bambini, verificare che l’accrescimento sia regolare.
  • Non eliminare il glutine dalla dieta senza una diagnosi certa di patologia glutine correlata. La diagnosi di tali condizioni deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, seguendo le linee guida diagnostiche.
  • Non eliminare latte e derivati dalla dieta senza una diagnosi certa di intolleranza al lattosio o di allergie alle proteine del latte. La diagnosi di intolleranza al lattosio o allergie alle proteine del latte deve essere effettuata in ambito sanitario specialistico e competente, tramite test specifici e validati.
  • A chi rivolgersi per una corretta diagnosi? Medico (dietologo, medico di medicina generale, pediatra di libera scelta, allergologo, diabetologo, endocrinologo, gastroenterologo, internista, pediatra).
  • Non utilizzare internet per diagnosi e terapia. Il web, i social network ed i mass media hanno un compito informativo e divulgativo e non possono sostituire la competenza e la responsabilità del medico nella diagnosi e prescrizione medica.