Non tutto il prosciutto crudo è uguale. C’è quello che si vanta di essere “100% italiano”, quello tagliato sottile, il dolce, perfino il light. Non è soltanto una questione di palato più o meno fine, però. I diversi tipi si distinguono anche per la stagionatura, la percentuale di umidità, i contenuti di sale e – nota dolente – l’aggiunta di nitriti e nitrati. La maggior parte di queste caratteristiche sfuggono anche ai consumatori più attenti perché sono informazioni che, per quanto importanti nella scelta, non appaiono in etichetta.
19 prosciutti in analisi
Proprio per facilitare la scelta di uno degli alimenti più apprezzati dell’estate, sul nuovo numero del Salvagente, in edicola da sabato 26 agosto, messo a confronto 19 confezioni di prosciutto crudo non a denominazione protetta . Si tratta dei grandi nomi del settore (da Fiorucci a Citterio, da Rovagnati a Vismara, da Ferrarini a Negroni, fino a Beretta e Casa Modena) e di quelli a marchio delle principali catene di supermercati e discount (Coop, Conad, Auchan, Carrefour, Lidl, Todis, Eurospin).
I risultati integrali della nostra inchiesta li trovate sul numero in edicola, ma possiamo anticipare che nella maggior parte dei casi sono rassicuranti, soprattutto per quanto riguarda l’aggiunta dei temuti nitrati, i conservanti su cui è puntata da tempo l’attenzione della comunità scientifica internazionale: quasi tutti i campioni – le eccezioni si contano sulle dita di una mano – hanno un contenuto di questi conservanti molto al di sotto del limite di legge (150 mg/kg).
Ancora migliori i risultati delle analisi sui nitriti, sempre inferiori ai 2,5 mg/kg.
Sempre meno “carnivori”
Da companatico perfetto per un panino veloce, il prosciutto (e in generale i salumi) si è trasformato in un prodotto di nicchia. I numeri parlano di una flessione generale delle carni. In totale, l’anno scorso, le vendite sono scese del 4%. Sono diminuiti i consumatori abituali di würstel, ad esempio: le vendite di questo prodotto sono crollate del 16,4%. Non va meglio per la carne rossa (-2,8%) e per il prosciutto crudo (-2,4%).
Di carne, fresca o lavorata che sia, ne mangiamo poco meno di 210 grammi a testa al giorno, rispetto ai 250 degli anni Duemila. Pesa certamente la “condanna” dell’Organizzazione mondiale della sanità che nel 2015 ha associato il consumo frequente di carne rossa e trasformata alla possibile insorgenza di alcune tipologie di tumori. Influenzati dall’allarme dell’Oms, gli italiani hanno cambiato le abitudini alimentari e hanno iniziato a portare in tavola con più frequenza i legumi, principalmente, e le carni bianche.
L’Oms, va detto, non ha fatto altro che mettere nero su bianco ciò che la comunità scientifica sospettava da tempo, ovvero che nitrati e nitriti contenuti nella carne trasformata possono accelerare la comparsa dei tumori.
Logico, dunque, che le nostre analisi partissero proprio da questi parametri per valutare la qualità dei prosciutti.
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Aggiunte pericolose
Ma perché le aziende continuano ad aggiungere questi conservanti nonostante i tanti effetti negativi che hanno?
Nella loro preparazione, nitriti e nitrati hanno una doppia utilità: aiutano a selezionare i microrganismi responsabili del caratteristico aroma finale e impediscono la proliferazione del botulino, il batterio che produce tossine mortali per l’uomo. In secondo luogo, concedono un bel colore rosso alle carni per il formarsi della nitroso-mioglobina che deriva dalla mioglobina (è la proteina che conserva l’ossigeno nei muscoli, simile all’emoglobina per il sangue). In alcune condizioni – ed è qui il problema – i nitriti formano sostanze cancerogene chiamate nitrosammine. I nitrati, invece, per conto loro innocui, possono essere ridotti a nitriti e perciò formare anche loro le temute nitrosammine.
Il nostro organismo prova a neutralizzare gli effetti nocivi di queste molecole ma è bene non esagerare con cibi che le contengono.
La legge limita l’uso di nitriti e nitrati come conservanti dei salumi a 150 mg/kg mentre la dose giornaliera raccomandata non dovrebbe superare i 5 mg per chilo di peso corporeo (350 mg per un adulto di 70 kg). Sforare non è difficile dal momento che anche prodotti vegetali come bietole, sedano, spinaci e verdure a foglia contengono quantità di nitrati superiori ai salumi.
Meglio, dunque, non abbondare, dove possibile. E come si può vedere dalle analisi del nostro test test molti produttori riescono a limitare parecchio la presenza di questi conservanti. Pur non essendo prosciutti Dop, dove la maturazione consente di non aggiungere nitriti e nitrati, le nostre verifiche mostrano un livello di produzione molto attento, almeno da questo punto di vista.