La Commissione europa ha posto in pubblica consultazione il provvedimento con il quale intende regolare in modo più stringente la presenza dell’acrilammide negli alimenti. Dopo aver raccolto il parere dei “portatori di interessi” la Commissione entro fine luglio dovrebbe approvare il testo e subito dopo dovrebbero entrare in vigore i nuovi valori di riferiemento – benchmark – per le imprese.
Tuttavia dal testo, come aveva lasciato intendere la stessa Commissione, è scomparso tanto l’istituzione di un limite di legge (si parlava dopo 3 anni dai nuovi benchmark) quanto la previsione temporale della sua fissazione. Per intenderci: senza stabilire un livello massimo di concentrazione un’azienda può continuare a vendere un prodotto non conforme senza rischiare che venga ritirato dal mercato. A danno della salute del consumatore.
“Il limite di legge? Scomparso”
Spiega Floriana Cimarrusti, segretaria generale di Safe, l’ong che ha seguito da vicino l’iter del provvedimento sull’acrilammide e “combattuto” per migliorarne il testo: “Ci sono notevoli miglioramenti rispetto alla prima proposta di Regolamento della Commissione di luglio 2016 sembra dal testo ci sia un vero impegno da parte della Ue di controllare il livello di acrillamide negli alimenti. Ci dispiace, comunque, constatare che nel testo non sono stati previsti i tempi per una futura normativa sui massimi livelli di acrillamide nei cibi per i bambini, come promesso dalla Commissione nei mesi precedenti“.
Dai livelli consigliati ai benchmark
Cosa prevede il provvedimento? Si passerebbe dagli attuali livelli indicativi, soglie di concentrazioni ai quali le aziende devono tendere, a dei valori di riferimento – benchmark – più bassi degli attuali. In particolare, se oggi le patatine di McDonald’s (e similari) per contenuto di acrilammide dovrebbero stare sotto i 600 mcg/kg, il nuovo regolamento abbassa il benchmark a 500, impone agli esercenti nuovi obblighi di controllo, analisi e di tracciabilità dell’alimento. Sulle patatine in busta tipo San Carlo il “limite” raccomandato scende da 1.000 a 750 ppm, nei cereali da colazione da 200 a 150, nel baby food da 50 a 40 ppm. Tuttavia – ricordiamo – nonostante le imprese alimentari saranno obbligate a rispettare più obblighi analitici e di comunicare i risultati delle analisi interne sui livelli di acrilammide, nessuna sanzione è prevista in caso di sforamento: né pecuniaria né di ritiro dal mercato.
Gli sforamenti restano alti
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Il percorso “morbido” scelto dalla Commisione per contrastare l’acrilammide – sostanza cancerogena che si rischia di crearsi quando cibi contenenti amido, come le patate, il pane, la pizza, i cereali, vengono cotti, tostati o fritti a una temperatura superiore a 140 gradi – vuole venire incontro alle difficoltà delle aziende di contenere questo contaminante di processo, come mostrano i dati qui sotto riferiti ai livelli consigliati pre-regolamento.
La stessa Efsa non ha mai stabilito una dose giornaliera tollerabile semplicemente perchè questa sostanza non deve essere presente. Ma per arrivare all’eliminazione la strada è lunghissima. E la Ue dopo aver per anni imboccato la strada della moral suasion con i “livelli consigliati” prova a far partire un “giro di vite”. Tuttavia senza nemmeno una previsione temporale di quando si passera a un vero e proprio limite di legge le aziende saranno autorizzate a “prendersela con calma” nella riduzione dell’acrilammide.