Dalle vaschette al cibo, la strada dell’alluminio è molto breve. E’ quanto ha dimostrato uno studio tedesco condotto dal BfR, l’Istituto federale per la valutazione dei rischi che ha analizzato gli alimenti sottoposti al metodo di cottura Cook & Chill, molto utilizzato nelle mense di scuole e ospedali. In pratica, al termine della cottura, gli alimenti subiscono un rapido raffreddamento, vengono successivamente conservati per poi essere scaldati nel momento in cui devono essere serviti. È proprio questo procedimento che causerebbe una migrazione del metallo pesante dalla vaschetta direttamente al cibo e poi nel nostro organismo. In particolare, secondo il BfR sono gli alimenti con un più alto grado di acidità quelli in cui si verifica un maggiore assorbimento di alluminio.
Le prove del Bfr
L’Istituto federale ha messo alla prova crauti, succo di mela e la passata di pomodoro e li ha sottoposti al procedimento di Cook & Chill. Li ha poi riscaldati come si farebbe in una normale mensa prima di proporli ai consumatori. Al termine del procedimento, negli alimenti è stato riscontrato un livello di alluminio superiore a 5 mg/kg in tutti i cibi acidi. Tra l’altro, questo non è un limiti imposto dalla legge bensì ricavato mettendo in pratica il principio “Alara” (As low as reasonably achievable, abbastanza basso da essere ragionevolmente raggiungibile) e assicura che la popolazione sia esposta ad alluminio il meno possibile al fine di salvaguardare la salute pubblica. Per l’Efsa, il limite di assunzione dovrebbe essere pari a 1 milligrammo (mg) di alluminio per chilogrammo di peso corporeo.
Pericolo accumulo
Lo studio tedesco arriva a pochi giorni dal parere emesso dal Cnsa, il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare del ministero della Salute italiano, secondo il quale andrebbe ridotta al minimo l’esposizione dei consumatori all’alluminio. L’aspetto “preoccupante” della tossicità dell’alluminio – in base al parere del Cnsa – è legato alla capacità di bio-accumulo del minerale nell’organismo umano in seguito a esposizioni prolungate. In altre parole, secondo il Comitato, anche se l’assorbimento di una singola dose è molto basso, quello che può creare problemi è un’assunzione prolungata. Questa, infatti, può dare luogo ad un significativo carico corporeo, soprattutto in quei soggetti dove la capacità renale è immatura (bambini piccoli) o ridotta (anziani, soggetti nefropatici). La dose assorbita, infatti, anche se molto piccola, può depositarsi progressivamente nell’organismo e accumularsi maggiormente in alcune categoria di persone. Per questo il Comitato raccomanda di fornire ai consumatori informazioni circa il corretto uso dei materiali contenenti alluminio per la produzione e la preparazione degli alimenti in ambito sia domestico sia di impresa, vale a dire:
– evitare di graffiare i contenitori, ledendo così la patina protettiva dell’alluminio anodizzato,
– evitare il contatto diretto di alimenti acidi o salati con fogli di alluminio,
– evitare la conservazione di alimenti in contenitori di alluminio dopo la cottura e per lunghi tempi,
– considerare eventuali fonti di aggiuntive di contaminazione degli alimenti, ad esempio gli additivi alimentari a base di alluminio