La legge per contrastare il falso integrale (farina raffinata, 0 o 00 aggiunta con la crusca) fa un passo in avanti in Parlamento: il comitato ristretto della Commissione Agricoltura della Camera ha adottato il testo unificato sulla “Delega al governo per la disciplina della produzione, della commercializzazione e dell’etichettatura degli sfarinati integrali di frumento e dei prodotti derivati”. La proposta di maggioranza si è innestata su quella dell’opposizione e questo è un bel segnale per i consumatori. Cosa prevede la norma? Fornirà la definizione di prodotto integrale stabilirà le caratteristiche compositive necessarie perché una farina o una semola possa essere definita “integrale” con l’ulteriore specificazione della “assenza di germe di grano”. Per cui stop al falso integrale quando alla farina raffinata viene aggiunta un po’ di crusca e si etichetta come integrale il prodotto finito.
“L’approvazione sarà veloce”
“Il testo giungerà ora all’attenzione di tutta la Commissione per poi aprire la fase emendativa – ha spiegato in una nota il deputato Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera – ma avendo raggiunto un accordo con le altre forze politiche, mi auguro che le modifiche saranno rapide e porteranno all’approvazione definitiva della normativa entro la fine della legislatura. I cittadini potranno finalmente sapere se stanno mangiando veri sfarinati integrali o meno mentre i produttori potranno dare il giusto valore alle loro produzioni artigianali ed industriali”.
Entro 12 mesi il decreto attuativo
Tuttavia non basterà l’ok del Parlamento per mettere fine al far west nelle farine e nei prodotti integrali: entro 12 mesi dall’approvazione in legge il governo dovrà dettagliare le caratteristiche compositive della farina integrale con un decreto legislativo. La domanda è se si riuscirà a portare a casa il risultato prima dello scioglimento delle Camere.
Fette biscottate “integrali”: ma quanta farina “grezza” c’è?
L’inganno dell’integrale con l’aggiunta di crusca non è l’unica trappola in cui può cadere il consumatore. Prendiamo le fette biscottate integrali: nel numero in edicola abbiamo analizzate 12 marchi (da Mulino Bianco a Misura, passando per Buitoni, Monviso, Grissinbon e i prodotti a marchio Coop, Conad, Carrefour, Auchan, Selex, Lidl, Todis, Eurospin): in ben 5 casi l’ingrediente prevalente, ovvero il primo quello presente in maggiore quantità, non era la farina integrale bensì la “semplice” (ovvero) farina raffinata. In questi prodotti (basta verificare leggendo le etichette) l’integrale si ferma (se non addirittura sfiora) il 40%. Il resto? Farina raffinata. Una “composizione” che si riflette sulla presenza di fibra: minore è l’integrale più basso sarà l’apporto di questo prezioso nutriente. Nel nostro panel le fette meno ricche di farina “grezza” hanno appena 6,8 grammi di fibra (per 100 g di prodotto) mentre le “vere” integrali (si arriva fino al 98%) l’apporto di fibra supera i 12 g.
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