L’hanno ribattezzata “dieta Brexit”: lo scivolone della sterlina imporrebbe alle aziende alimentari di “recupeare” i margini aumentando il prezzo unitario. Il modo per mascherarlo? Diminuire il contenuto delle confezioni. Lasciando inalterato però il prezzo.
Ha cominciato Unilever chiedendo ai supermercati inglesi Tesco di alzare i prezzi per adeguarli al deprezzamento della sterlina dopo la Brexit. Dopo essere fallita questa manovra, i produttori hanno messo a dieta il contenuto dei loro prodotti: in primis è toccato al Toblerone che ha ridotto il peso delle confezioni destinate al mercato britannico evitando così di aumentare i listini.
Da allora non passa giorno che la stampa riporti altri esempi di “Brexit diet”: la Pepsi ha diminuito del 10% i pacchetti delle patatine Doritos a 180 grammi per busta destinati al mercato inglese, mentre Mars ha tagliato il contenuto di M&M e Maltesers e Kellogg’s ha ridotto le scatole di Coco Pops da 800 a 720 grammi. Ma il prezzo è rimasto sempre lo stesso: con gli stessi soldi, insomma, si porta a casa meno cibo. Effetti della dieta Brexit.