Le apparenze ingannano e il volto “nascosto” dietro a una maschera spesso è molto diverso. C’è la pasta che riduce il colesterolo e l’acqua che previene l’osteoporosi. Ma anche la foto della famigliola sorridente che ogni mattina ritrova la sua felicità nel frollino che inzuppa nel latte. E perché dimenticare la canzoncina suadente che ci predispone all’acquisto?
Messaggi, slogan, immagini, motivetti musicali esistono tanti modi per spingere il consumatore ad acquistare un determinato prodotto. Spesso però ci accorgiamo che quello che mettiamo nel carrello non lo avremmo mai voluto comprare o peggio che il suo contenuto non corrisponde a quanto è stato reclamizzato. Ecco allora che scopriamo, a nostre spese, gli effetti della pubblicità ingannevole o, più in generale, della pubblicità che inganna. E proprio “La pubblicità che inganna” è il titolo della nuova guida antitruffa Salvagente (richiedila qui gratuitamente) scritta da Cosimo Errede, pubblicitario ed esperto del settore. “Bisogna fare una distinzione importante. Esiste la pubblicità ingannevole, quella che usa messaggi palesemente falsi o anche solo parzialmente veri per frodare l’acquirente promettendo certe caratteristiche e qualità di un bene o un servizio che il consumatore non ritroverà. L’autorità predisposta ad intervenire per sanzionare queste pratiche scorrette è l’Antitrust, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha il potere di sanzionare i messaggi ingannevoli”. Ma gli spot possono indurre in errore il consumatore anche senza infrangere la legge. “È quella che chiamo la pubblicità che inganna: il messaggio, ma anche l’immagine o la musichetta – tutti i luoghi di vendita hanno ormai sottofondi sonori tranquillizzanti – usati ad arte per far cadere in tentazione il consumatore”.
Verificare le promesse
La guida analizza alcuni dei casi più eclatanti di pubblicità ingannevole che negli ultimi anni sono stati sanzionati dall’Antitrust ma anche quali sono i trucchi più diffusi che le aziende usano per invogliare il consumatore a considerare come “unico” o anche solo “necessario” il loro prodotto.
“Persuadere – aggiunge Errede – non vuole dire ingannare, così come vendere non è sinonimo di ‘appioppare’ a qualsiasi costo un prodotto al cliente. Purtroppo quando il contenuto, il valore stesso del prodotto, non c’è o scarseggia la pubblicità punta alla creatività cercando di suscitare un’emozione: ma se il prodotto non ha delle qualità, la creatività è fine a sé stessa. Questo è un tipo di pubblicità che inganna. A mio giudizio invece ogni messaggio deve essere effettivo, concreto, e il consumatore deve avere la possibilità di verificare le promesse che vengono fatte”.
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Le 4 regole della “buona” pubblicità
Ma esiste una pubblicità “buona”? “Comincerei a scartare quegli spot che sono solo creatività ed emozione e basta: servono a confondere il consumatore. Lavoro nel settore dalla seconda metà degli anni Novanta e, anche grazie ai consigli di Frank Merenda, ho saputo superare la crisi del 2007, e il mio lavoro può essere riassunto in quello che chiamo ‘Regola Errede’: una pubblicità deve contenere quattro elementi. Innanzitutto una ragione di acquisto (cosa e perché sto acquistando?), la proposta di acquisto poi deve essere unica (quel prodotto ha delle caratteristiche che altri non hanno) e deve contenere delle credenziali (mi piace ricordare che quando la Barilla sfondò nel mercato statunitense si accreditò così tanto perché era “la pasta degli italiani” e chi meglio di noi sa fare la pasta?). Infine il messaggio deve essere misurabile, gli effetti devono essere tangibili tanto per il committente (l’azienda che ha commissionato la campagna) quanto per il consumatore che acquista il prodotto. Se una pubblicità si muove lungo queste 4 direttrici allora vincono tutti: il committente, il consumatore e il mercato stesso”.
Il decalogo del buon consumatore
La guida nelle ultime pagine contiene un decalogo utile al consumatore per non cadere nella trappola della pubblicità ingannevole. “Bisogna – conclude Errede – tenere ben separati il cuore dal portafogli quando si acquista, onde evitare acquisti di impulso di prodotti magari inutili. Acquisire più informazioni possibile sul prezzo effettivo del bene o del servizio e concentrarsi sul testo del messaggio: a volte le informazioni rilevanti sono nascoste, riportate solo in modo marginale”.
Per tutto il resto – compreso come si presenta all’Antitrust un esposto per pubblicità ingannevole – vi invitiamo a richiedere gratutitamente qui la guida “La pubblicità che inganna”.
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