La pioggia prima e caldo torrido dopo nell’estate 2016 hanno creato le condizioni favorevoli per la contaminazione di micotossine nel mais italiano, aflatossine in particoalare.
Secondo i dati raccolti dal Crea di Bergamo, che coordina il progetto triennale Rqc-Mais (Rete Qualità Cereali plus – Mais), finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, per la valorizzazione e qualificazione della filiera maidicola, in particolare per la sicurezza delle produzioni sotto il profilo igienico-sanitario, la contaminazione da micotossine ha risentito, come riporta in un dettagliato articolo Mangimiealimenti.it, in particolar modo delle condizioni climatiche e questo ha influito sulla presenza in particolare di aflatossina B1 (AfB1, la più tossica, positivi il 12% dei campionii oltre il limite di legge per i mangimi), fumonisine (27% ne conteneva una concentrazione superiore al massimo consentito), Don, il Deossinivalenolo o vomitossina, (11% del campione fuorilegge) e Zearalenone (ZEA) è risultato presente per il 100% dei campioni in quantitativi minimi (0-250 μg/kg). IN generale possiamo dire che se la contaminazione rispetto al 2015 è un po’ diminuita rispetto al 2014 ha fatto un balzo da gigante.
 “Regolarmente contaminata”
Le analisi hanno riguardato 320 campioni di mais, provenienti da 44 centri di stoccaggio, sono stati raccolti ed analizzati per il loro contenuto in aflatossina B1, fumonisine, deossinivalenolo (Don) e zearalenone (Zea). Le micotossine, ricordiamo, sono muffe prodotte da alcune specie fungine, come l’Aspergillus e il Fusarium, che attaccano i prodotti vegetali, grano e mais in primis. Alcune micotossine, come l’aflatossina B1 ritenuta cangerogena, sono molto più temibili di altre. Esistono per questo limiti alla loro concentrazione che cambia a seconda che si parli di mangimi, prodotti trasformati per il consumo umano (pasta, riso, e via elencando) e baby food, il cibo destinato ai bimbi da 0 a 3 anni. Le condizioni climatiche (umidità ) e di stoccaggio facilitano lo sviluppo delle micotossine come il report del Crea di Bergamo confermano.
“Complessivamente – scrivono da Mangimiealimenti – i dati del monitoraggio confermano che la granella di mais è regolarmente contaminata da fumonisine in quantità variabile a seconda dell’andamento climatico stagionale. In annate particolarmente calde e siccitose, come ad esempio il 2015, si aggiungono le aflatossine, mentre nelle annate molto fresche e piovose, come il 2014, compaiono il Don e lo Zea”.
I risultati nello specifico
Come riportato da Mangimiealimenti.it, i risultati del monitoraggio Crea sono molto rivelatori.
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“Le analisi si sono incentrate soprattutto sulla ricerca di aflatossina B1 (AFB1) dato che le suddette condizioni metereologiche hanno creato le condizioni ideali per uno sviluppo di A. flavus, produttore di tale tossina. In effetti, il 12% dei campioni di mais analizzati risultava avere un contenuto in AFB1 superiore a 20 μg/kg, valore di riferimento per il mais destinato a materia prima nei mangimi (Regolamento CE, 2011). Nel 2015 tale soglia era stata superata dal 18% dei campioni mentre nel 2014 dallo 0%.
Le micotossine più diffuse nell’areale italiano risultano, anche per il 2016, le fumonisine (FBs): il 27% dei campioni di mais, provenienti dai centri di essiccazione – stoccaggio, ha fatto registrare un contenuto in FBs superiore a 4000 μg/kg, valore limite per l’utilizzo della granella di mais ad uso alimentare umano diretto. Tale dato risulta essere superiore al valore registrato nel 2015 (27%) ma inferiore a quello del 2014 (54%).
Relativamente alla distribuzione del contenuto in Don (deossinivalenolo o vomitossina), considerando la soglia critica di 1750 μg/kg si è osservato che l’11% dei campioni superava tale indice, percentuale superiore a quella del 2015 (1 %) ma decisamente inferiore a quella del 2014 (49 %).
Lo zearalenone (ZEA) è risultato presente per il 100% dei campioni in quantitativi minimi (0-250 μg/kg), situazione analoga a quella riscontrata nel 2015; nel 2014, anno nel quale le intense e continue precipitazioni primaverili-estive e le temperature miti, avevano determinato un ampio sviluppo di più funghi del genere Fusarium, il 40% dei campioni, aveva un contenuto in ZEA superiore a 350 μg/kg, (valore di riferimento per il mais destinato all’alimentazione umana)”.