“Sullla presenza dei contaminanti di processo nell’olio di palma l’attenzione resta ma allo stato attuale, le azioni assunte a livello di Unione europea non rendono necessaria l’assunzione di ulteriori azioni in ambito nazionale”. Una risposta consolatoria, un po’ cerchiobottista, che prova a non scontentare nessuno, quella fornita dal sottosegretario alla Salute Davide Faraone all’interrogazione presentata da Colomba Mongiello (Pd) sugli effetti dei contaminanti di processo (3-Mcpd e Ge) sulla salute nei bambini.
L’Efsa nel report del 3 maggio 2016 aveva messo in evidenza come il problema di queste sostanze cancerogene e genotossiche è particolarmente grave per i consumatori più giovani esposti a una dieta più “ricca” di olio di palma. Tanto che l’Autorità per la sicurezza alimentare ha ridotto la dose minimia giornaliera di assunzione di questi contaminanti da 2 a 0,8 mcg per chilo di peso corporeo. Il prossimo passo dovrebbe essere quello di fissare a livello europeo un limite alla concentrazione dei cibi.
Un limite nei cibi?
Attualmente, ha ricordato il sottosegretario Faraone, in sede di Commissione europea, sono all’esame diverse misure di gestione dei possibili rischi quali l’intensificazione del monitoraggio della presenza dei questi contaminanti negli alimenti, l’elaborazione e l’implementazione di linee guida di prevenzione/riduzione (Toolbox), la fissazione di tenori massimi per il 3-Mcpd e i Ge negli alimenti che rappresentano le principali fonti di esposizione per i consumatori.
Inoltre, la Commissione europea ha evidenziato la disponibilità dell’intero settore industriale oleario a collaborare per prevenire-ridurre la presenza di queste sostanze in tutti gli oli raffinati, nonché l’impegno concreto assunto dall’industria olearia della Ue di assicurare, a decorrere da settembre 2017, un livello massimo di 1,0 ppm di Ge in tutti i grassi-oli vegetali raffinati per uso alimentare e, nel contempo, di continuare ad implementare tutte le misure di prevenzione e riduzione per gli Mcpd esteri.