Non c’è ancora nulla di certo ma la riforma del sostegno scolastico fa già molto discutere: 20 mila insegnanti per 234 mila studenti che non accettano le proposte dell’ex ministro Giannini (sostenute dal suo successore, Valeria Fedeli). Due i punti più criticati: il «profilo di funzionamento» e la figura del docente di sostegno.
Via la “diagnosi funzionale”
Innanzitutto, gli insegnanti non digeriscono il “profilo di funzionamento” previsto dalla riforma che dovrebbe servire a definire il numero di ore di assistenza per ogni studente. In pratica significa che non è la gravità della disabilità a definire i bisogni dell’alunno ma il suo funzionamento, per cui se un ragazzo viene ritenuto capace di stare in classe senza aiuto, lo si lascia solo. E si riducono le ore di assistenza.
Insegnante addio, arriva il tutor
Un altro aspetto su cui si punta il dito è la figura del docente di sostegno, che viene considerato una sorta di tutor iperspecializzato nell’assistenza ai disabili, ma non necessariamente un insegnante: un cambiamento di prospettiva che, secondo gli insegnanti che si stanno mobilitando, snaturerebbe la professionalità del docente, che è prima di tutto un educatore specializzato in determinate materie, in grado quindi di trasmettere le sue conoscenze all’alunno.
Docenti in rivolta
Il progetto di riforma, seppur ancora in una fase embrionale, non è piaciuto agli insegnanti che hanno organizzato una mobilitazione che, partita dalla Calabria, si è diffusa in tutta Italia. Dall’altro lato il direttore scientifico dell’Irifor (Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione) dell’Uici, Gianluca Rapisarda, secondo cui una riforma del sostegno scolatici è quanto mai necessaria. “Allo stato attuale – scrive – siamo effettivamente ancora costretti ad imbatterci il più delle volte in educatori e docenti con un’inappropriata preparazione ed una formazione inadeguata ad assicurare un’inclusione scolastica di qualità ai ragazzi con disabilità del terzo Millennio. Il messaggio della “normale” didattica inclusiva stenta ancora a decollare nelle nostre scuole e ci scontriamo di sovente con interventi didattici inclusivi esclusivamente “episodici” e che hanno soltanto il carattere dell’urgenza e dell’emergenza e non di “contesto”. Voglio dire che la sola assegnazione dell’insegnante di sostegno con un numero congruo di ore all’alunno/studente con disabilità non è sufficiente a garantire il loro successo scolastico e formativo, se non affiancata da un contesto veramente “inclusivo”.