Ecco come funziona l'”Imprinting” della prima influenza

A determinare il modo in cui ognuno di noi reagisce ai virus influenzali non sono solo le nostre attuali difese immunitarie. La prima influenza che prendiamo, infatti, fornisce l’imprinting, determinando il modo in cui in futuro reagiremo al virus. A dimostrare è uno studio pubblicato su Science che ha esaminato i 18 ceppi di influenza A.

Tutti i virus dell’influenza hanno la proteina emoagglutinina (HA), esposta sulla capsula che racchiude il virus e che somiglia a un ‘lecca lecca’ o una bandierina, molto importante nella formazione delle difese immunitarie, perché su questa si formano gli anticorpi prodotti dall’organismo. Anche se ci sono 18 diversi tipi di influenza A, ci sono solo due versioni di emoagglutinina e i ricercatori dell’Università dell’Arizona a Tucson e dell’Università della California,  guidati da Michael Worobey, le hanno classificate come “HA blu” e “HA arancione”.

Osservando campioni di soggetti di diverse età gli esperti hanno visto che tutti coloro che sono nati prima del 1968 hanno difese immunitarie contro i ceppi influenzali contrassegnati da HA blu, poiché da piccoli sono subito venuti in contatto con i virus che presentavano questa molecola (gruppi virali H1 o H2). I nati dopo quella data invece sono immunizzati contro i virus che espongono HA arancio perché da piccoli hanno incontrato per primi ceppi influenzali contraddistinti da questa molecola (H3 e H7 aviaria). I ricercatori hanno poi esaminato i casi di H5N1 e H7N1 due virus di aviaria che hanno colpito centinaia di persone, ma non si sono sviluppati in pandemie e hanno trovato un tasso di protezione del 75% contro la malattia e dell’80% contro la mortalità se i pazienti erano stati esposti a un virus con lo stesso tipo di proteina quando erano bambini. La scoperta, secondo gli autori, potrebbe spiegare l’effetto insolito della pandemia 1918 o “influenza spagnola“, che era stata più letale tra i giovani adulti invece che, come normalmente accade, negli anziani.