L’altra faccia del sushi: come e perché ci si può intossicare

Friendse eating sushi in restaurant

In termini tecnici si chiama sindrome sgombroide ma nei ristoranti milanesi l’hanno ribattezzata “Mal di sushi”. Dall’inizio dell’anno ad oggi sono quasi cinquanta i consumatori finiti all’ospedale accusando i sintomi classici dell’intossicazione da istamina: nausea, diarrea, palpitazioni e sbalzi improvvisi di pressione. La sindrome sgobroide, però, può avere effetti ben peggiori: nei pazienti cardiopatici, ad esempio, l’avvelenamento da istamina può addirittura provocare uno choc anafilattico.

I pesci più esposti

Il caso è finito sul tavolo della Procura di Milano dopo che quattro medici sono rimasti intossicati lo scorso 29 settembre dopo avere mangiato tonno in un ristorante del centro. L’intossicazione da istamina è causata dal consumo di pesce crudo mal conservato o  semplicemente non più fresco: a causa del deterioramento delle carni, per la cattiva conservazione o semplicemente perchè il pesce è vecchio, si sviluppa il focolaio della contaminazione. Il problema riguarda il tonno e il pesce azzurro, dalle sarde alle palamite, sgombri, tombarelli.

Come lo “rendono” fresco

Esistono metodi per spacciare come fresco un pesce che staziona da qualche giorno di troppo sul bancone. Il tonno viene colorato con succo di rapa rossa (trattamento lecito, ma da indicare) oppure in modo illecito attraverso il monossido di carbonio. Per dare lucentezza alle sardine, invece, le si immerge in un bel bagno di acqua ossigenata. Oppure peggio: si utilizzano additivi vietati a base di perossidi, come il Cafodos, per far rinascere la freschezza perduta di un pesce che invece, naturalmente dovrebbe cominciare a puzzare.

Su talune specie di pesce, come gli sgombroidi, dalle sardine al tonno, l’impiego di additivi può avere effetti indiretti sulla salute. Se il pesce appare fresco, mentre invece è stato conservato male, magari perché non è stata mantenuta la catena del freddo, si può sviluppare una concentrazione elevata di istamina, producendo quella che in linguaggio tecnico si chiama sindrome da sgombroide. A una concentrazione superiore ai limiti di legge previsti, l’istamina può avere effetti tossici per l’uomo.