È l’ingrediente perfetto dei piatti estivi. Facile prepararci un piatto di pasta, un’insalata o un panino. È leggero, dietetico e ricco di proprietà interessanti. E, una volta aperte le scatole, anche zeppo di… sorprese.
Grigiastro, fatto di un mix di rimasugli sbriciolati, con un olio tutt’altro che limpido. E poi, dubbio più che giustificato, che freschezza può riservarci? E quale livello di contaminazione di metalli pesanti o di sostanze magari migrate dalla lattina all’alimento?
Tutte domande che ci siamo posti quando abbiamo deciso di portare in analisi i 22 marchi più venduti nel nostro paese.
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Le risposte, come al solito con nomi, cognomi e tutti i risultati che abbiamo ottenuto dalle analisi di laboratorio. Li trovate sul numero in edicola da oggi.
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QUAL È LA SPECIE MIGLIORE?
Un capitolo a parte è quello delle specie utilizzate per produrre le scatolette che affollano il mercato italiano. Sulle confezioni non è obbligatorio dichiarare la specie di tonno utilizzata anche se alcuni marchi – in maniera del tutto volontaria – iniziano a farlo. La parola tonno è generica, non indica una delle diverse specie di tonnidi divise in grandi famiglie: Thunnus Thynnus (dalle carni rosa, chiamato anche tonno rosso), Thunnus Alalunga (carni bianche), Thunnus Albacares (detto anche a Pinna gialla), Thunnus Eutynnus pelarnis, mai dichiarato nella confezione perché più scadente (carni scure e sapore amarognolo). E siccome la qualità della carne cambia a seconda della specie, sarebbe opportuno indicarla per dare ai consumatori quante più informazioni possibili per acquistare consapevolmente il prodotto che, il più delle volte, si presenta tra gli scaffali del supermercato in maniera “blindata”.
Nel caso (a volte succede) la troviate, ecco come giudicarla. La migliore è quella del tonno rosso (Thynnus, quasi introvabile), poi viene l’Alalunga, subito dopo il Pinna gialla (il tanto pubblicizzato Yellowfin o Albacares). Infine, a pari merito, il tonno obeso (che ha maggiori omega 3) e quello striato (Katsuwonus pelamis).
Peccato che mentire sulla qualità oppure utilizzare più varietà all’interno della stessa confezione sia una pratica diffusa. Un’indagine di Greenpeace – pubblicata nel Rapporto A scatola chiusa – ha analizzato il Dna di 165 scatolette provenienti da 12 paesi (Italia compresa) scoprendo che 50 campioni (il 30% del totale ) contenevano due specie diverse (per esempio, tonno pinna gialla e tonno obeso) in un’unica scatoletta (pratica vietata dalla legislazione europea) oppure specie di tonno differenti in confezioni con lo stesso marchio e con lo stesso lotto o, ancora, una specie di tonno che non corrispondeva a quella riportata sulla confezione.