Duecentocinquantamila veneti saranno contattati dalle Aziende sanitarie del Veneto per essere sottoposti a uno screening che prevede analisi del sangue e marcatori antitumorali. Una ricerca che durerà due anni se non di più.
È l’epilogo, impressionante, di una storia lunga, quella della fabbrica Miteni di Trissino, che per oltre trent’anni ha sversato nei fiumi del paese vicentino i residui della lavorazione di pentole antiaderenti, Goretex e carta da forno.
La sostanza sotto accusa è il Pfas, perfluoroalchile, e ha contaminato i pozzi, le acque potabili e, come si è scoperto, il sangue di chi viveva nella zona. Su 507 cittadini veneti sottoposti a controlli, quelli della fascia più a rischio sono stati trovati positivi. Ed è scattata l’emergenza, dato che i Pfas sono potenzialmente cancerogeni, legati soprattutto a un’elevata incidenza di tumori ai testicoli.
L’inquinamento è stato scoperto nel 2013, quando sono arrivati i dati “bomba” del Cnr che lo svelavano in tutta la sua entità.
Da allora il problema delle falde dovrebbe essere risolto grazie ai filtri al carbone istallati, ma gli effetti sulla popolazione sono di difficile previsione. Tant’è che c’è l’ipotesi di una sperimentazione su base volontaria di tecniche mediche per smaltire i Pfas nel sangue dei cittadini contaminati.
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