Il caso di Marina L.: gli omeopati non ci stanno a finire sotto accusa

Un caso che ha fatto rabbrividire gli italiani. È quello di Marina L., 53 anni, vittima di un melanoma maligno. La donna, come ha testimoniato un servizio di Repubblica di due settimane fa, si era accorta di un neo che continuava a crescere, perfino a sanguinare. Aveva consultato e aggiornato per anni il proprio medico di base, la dottoressa Germana Durando. Ottenendo per risposta gli inviti a seguire le tecniche dell’ex medico tedesco Rike Geerd Hamer. In sostanza come ha ricostruito Repubblica, il consiglio del medico era di non intervenire, curare i sensi di colpa, il perdono verso il proprio ex e prendere qualche rimedio omeopatico. Cosa che purtroppo la paziente ha fatto per poi morire dopo che il tumore della pelle era diventato troppo grande.
Ora per la dottoressa Germana Durando l’accusa è di omicidio con l’aggravante della colpa con previsione per aver “incredibilmente impedito alla sua paziente un approccio diagnostico e terapeutico, che sarebbe stato necessario sulla base delle più elementari conoscenze mediche”.
Ma a finire sotto accusa, su molti giornali, più che il comportamento della dottoressa è stata l’omeopatia più in generale. Tanto che la Fiamo, la Federazione italiana dei medici omeopati è stata costretta a intervenire per ricordare che “Le teorie del dottor Hamer, nel cui merito non entriamo, non hanno nulla a che vedere con la medicina omeopatica”.
Sul caso specifico la Fiamo invita alla prudenza: “Il medico omeopata, in quanto medico, deve fare una diagnosi, emettere una prognosi e nel proporre una terapia è tenuto ad agire in scienza e coscienza nel solo interesse della salute del paziente che a lui si rivolge, con tutti gli strumenti di cura a sua disposizione. Peraltro, i dati attualmente messi a disposizione non chiariscono affatto che cosa sia realmente avvenuto, dato che si parla di un periodo di terapia di undici anni, difficile da conciliare con una diagnosi di tale gravità. L’unica cosa certa è l’esito infausto della presa in carico”.
Ma davvero un omeopata può consigliare di non estirpare un neo, anche di fronte al fondato sospetto (se non all’evidenza) che si tratti di un melanoma?
Logica e netta la reazione dei medici omeopati: “Mettere sotto accusa l’omeopatia per un simile fatto ha lo stesso senso che avrebbe il colpevolizzare la medicina generale, entrambe competenze della dottoressa. Al di là dell’accertamento dei fatti, il problema è l’uso che si fa delle proprie conoscenze e competenze”.