Gli avvocati americani affilano le armi contro la Apple e con una class action si preparano a chiedere un risarcimento piuttosto salato all’azienda di Cupertino: 5 milioni di dollari e riparazioni gratuite per compensare i clienti che hanno acquistato un modello recente di iPhone e sono rimasti vittime del cosiddetto Errore 53.
Un problema non da poco, visto che rende inutilizzabili gli iPhone che siano stati in precedenza aggiustati da un centro di assistenza non autorizzato dalla Apple.
Coinvolti nella vicenda sono i possessori di iPhone 6, 6s, 6 Plus e 6s Plus, che sono i modelli dotati di tecnologia Touch ID con sensore di impronte digitali incastonato nel “tasto home”. Questo pulsante è ricco di alta tecnologia che l’azienda di Cupertino vuole evidentemente ben proteggere. Ma ciò che è discutibile è il modo in cui vuole centrare questo obiettivo.
LA VICENDA
I guai per i possessosri di iPhone 6 sono cominciati circa un mese fa, quando la Apple ha notificato l’ultimo aggiornamento di software (iOS 9) da eseguire sul proprio dispositivo.
Peccato, però, che nell’aggiornamento sia incluso una sorta di “controllo di sicurezza” con cui l’azienda si vuole di fatto assicurare della genuinità della tecnologia contenuta nell’iPhone.
In pratica, l’aggiornamento – una volta effettuato – provoca il blocco totale e definitivo del “tasto home” (il fulcro di questi dispositivi) con perdita di tutti i dati conservati in memoria (a meno di non averli salvati sui servizi di clou). Il guaio si verifica sugli iPhone che in precedenza siano stati trattati da un tecnico non autorizzato che, per la riparazione, ha inserito qualche componente non originale.
Insomma, l’aggiornamento “riconosce” che vi è qualche elemento non originale e rende inservibile lo smartphone.
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“NON CI HANNO INFORMATI”
L’accusa che i consumatori, tramite uno studio legale di Seattle, si preparano a presentare contro la Apple contesta all’azienda di non averli adeguatamente informati sui rischi della procedura di aggiornamento, che di fatto ha costretto molti di loro a buttare un telefonino ormai inutile per acquistarne, nuovamente e a caro prezzo, uno funzionante.
Sul caso abbiamo sentito il parere di un esperto, l’avvocato Guido Scorza: “Nella vicenda, in effetti, sembrano ravvisarsi profili di una pratica commerciale scorretta, se è vero che è mancata l’informazione ai consumatori. Il comportamento illecito, infatti, si verrebbe senz’altro a profilare se davvero non sia stato indicato chiaramente dalla Apple, ad esempio nel manuale d’uso, che nell’iPhone non si possono installare componenti non originali o quantomeno che la loro installazione comporta dei rischi per la funzionalità del dispositivo”.
LA APPLE TAGLIA FUORI L’ASSISTENZA PRIVATA
Ma ci chiediamo se nella vicenda possono essere rilevati anche profili anticoncorrenziali: “Se è vero che la Apple non permette a un privato cittadino o a un qualsiasi centro di assistenza di accedere ai componenti originali, venduti solo dagli Apple Store – conclude l’avvocato Scorza – sembra evidente la volontà dell’azienda di creare un proprio mercato esclusivo dal quale tagliare fuori tutta la rete alternativa di assistenza”.
La Apple, intanto, dopo aver mantenuto a lungo il silenzio sulla vicenda, si è vista infine costretta (spinta dalle numerosissime lamentele e dalla minacciata class action milionaria) a scusarsi con i suoi clienti e a giustificare l’accaduto. Così, l’azienda ha spiegato che il famigerato Errore 53 era in realtà una “misura di sicurezza” per i clienti stessi, necessaria per proteggere il dispositivo ed evitare che sull’iPhone fosse utilizzato un sensore Touch ID fraudolento. E li ha invitati a contattare i centri Apple per ottenere un rimborso, nel caso in cui si fosse nel frattempo optato per una sostituzione fuori garanzia del telefono, oppure per la correzione dell’errore 53 che i tecnici Apple eseguiranno attraverso il collegamento a iTunes e l’installazione dell’aggiornamento iOS.
RIVOLGERSI A CENTRI NON AUTORIZZATI PUÒ ESSERE UNA NECESSITÀ
Resta comunque più di un dubbio sulla condotta della Apple. E ci si chiede: come può una società rendere deliberatamente il proprio prodotto inutile con un aggiornamento, e non avvertire i clienti di questo irreparabile effetto?
Ci sono dei casi, infatti, in cui ricorrere all’assistenza non ufficiale è una necessità e non una scelta: al di fuori dei grandi paesi industrializzati, i negozi Apple sono pochi o a grande distanza dai centri più piccoli, per cui i telefoni danneggiati possono essere portati in riparazione solo presso piccoli centri privati, molto più diffusi su ogni territorio.
Insomma, anche se non vi è certezza, vi è comunque il fondato sospetto che la mossa di Apple sia progettata per tagliare fuori dal mercato i riparatori indipendenti, che – ricordiamolo – assicurano prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli fatti pagare dagli Apple Store. Ma una mossa del genere contrasterebbe con le regole di concorrenza.