“E allora vada a fare in c…!”. Che fare se al nostro cortese rifiuto all’ennesima proposta commerciale l’operatore del call center ci risponde così? Cioè, ci insulta?
A chi non crede che ciò possa accadere, noi diciamo che è accaduto. È successo al signor Giorgio, che non si è perso d’animo nemmeno per un momento, ha rintracciato il numero di partenza della telefonata, ha richiamato e ha così scoperto che proveniva da un partner Eni, di cui tra l’altro è già cliente. Da quel momento Giorgio ha deciso che la vicenda non poteva rimanere senza esito e ha deciso di contattare l’ufficio stampa dell’Eni: una prima mail è caduta nel vuoto; una seconda, scritta dopo qualche tempo e contenente l’avvertimento che in mancanza di risposta entro 7 giorni sarebbe seguita una denuncia, ha invece avuto successo. “Proprio allo scadere dei 7 giorni racconta al Test Giorgio ho ricevuto la telefonata di un’impiegata non meglio qualificata che si è scusata per l’accaduto e mi ha detto che sarebbero stati presi provvedimenti nei confronti dell’operatore che mi ha insultato”.
Bene, ma avendo scritto ben due email il nostro Giorgio non si accontenta delle parole e chiede una risposta scritta da parte dell’azienda. Ma niente da fare, la signorina non è disposta a inviare neanche due righe. “Ecco, però, che dopo appena 5 minuti l’Eni mi richiama e stavolta, all’altro capo del telefono, c’è qualcuno dell’ufficio stampa. Mi conferma le scuse e che saranno presi provvedimenti nei confronti del responsabile dell’ingiuria, ma di rispondere per iscritto non ci pensa nemmeno. Anzi, e questo è il massimo, mi dice che il nostro colloquio è ‘confidenziale’ e si raccomanda che tale resti”.
La vicenda finisce anche sulle pagine del quotidiano la Repubblica, tra le lettere dei lettori, ma non sortisce comunque alcun effetto: Eni non ha mai replicato. Infine, l’ultima mossa di Giorgio è stata quella di segnalare il caso alla polizia postale che ha promesso un’attenta vigilanza sul promoter incaricato da Eni.