Coccolati come bambini, viziati con bocconcini prelibati e vezzeggiati dalle amorevoli cure dei propri padroni. È il destino di gran parte dei circa 9 milioni di gatti che vivono in famiglia in Italia per i quali si spendono ogni anno più di 900 milioni di euro in scatolette e crocchette di ogni tipo. Il mercato del pet food, in particolare quello rivolto all’alimentazione dei gatti, è estremamente frammentato: esistono, infatti, crocchette di ogni tipo e per ogni esigenza dell’animale. Per i cuccioli, per gli adulti, per chi ha problemi di obesità e per chi non è particolarmente dinamico. Il rebus principale è riuscire a decifrare le informazioni presenti in etichetta per acquistare il miglior prodotto da un punto di vista nutrizionale e non solo.
Per agevolare la scelta, il Test nel numero che va in edicola da giovedì 23 giugno ha messo a confronto 20 confezioni di crocchette facendo valutare, per prima cosa, il profilo nutrizionale di tutti i prodotti da Alessandro Gramenzi, professore di Nutrizione e alimentazione animale presso l’Università di Teramo. Il docente ha confrontato “al buio”, ossia senza conoscere i marchi a cui appartenevano, le schede nutrizionali dei 20 prodotti. E il giudizio del docente è tranquillizzante: 13 prodotti hanno superato la prova con un giudizio che va da eccellente a buono.
INFORMAZIONE O MARKETING
L’incognita maggiore – quando si parla di giusto valore nutrizionale – resta per i non addetti ai lavori la difficoltà di distinguere la qualità della carne contenuta nelle crocchette: la normativa non aiuta chi le acquista e lascia al marketing campo libero nella definizione del messaggio da veicolare. Così mentre il regola- mento europeo consente di utilizzare la dicitura generica “carne e derivati di origine animale” senza l’obbligo di indicare di che tipo di carne si tratti realmente, il packaging di questi prodotti si fa sempre più accattivante riportando in bella mostra filetti di manzo o pollo che potrebbero non essere contenuti oppure esserlo in una percentuale molto bassa. Come dimostrano alcune analisi recenti di università prestigiose che hanno trovato in diversi casi carne anche molto diversa da quella dichiarata in etichetta.
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Se sul versante nutrizionale i risultati dei nostri esami sono tranquillizzanti, cosa dire della materia prima vegetale e del rischio tossine che può minacciare la salute del gatto?
In laboratorio siamo andati a cercare le micotossine HT2 e T2, con risultati abbastanza tranquillizzanti. La somma delle due sostanze, infatti, è sempre al di sotto dei valori guida della raccomandazione della Commissione europea 2013/637 (50 mcg/kg).
Le due sostanze, ci spiega Carlo Brera, Primo ricercatore presso il dipartimento di Sanità pubblica veterinaria e Sicurezza alimentare dell’Istituto superiore di sanità: “Sono prodotte da alcune specie di Fusarium (funghi, ndr). Possono contaminare molti tipi di cereali come il mais, il grano, l’orzo e l’avena. Pur non trattandosi delle micotossine più frequentemente riscontrate nei mangimi per gli animali domestici, hanno effetti tossici principalmente di tipo immunosoppressivo e dermatossico. Sono dunque in grado di provocare forte irritazione cutanea fino a effetti caustici necrotizzanti ed emorragie. In generale, il rischio della presenza di micotossine nei mangimi sta nella durata oltre che nei livelli di esposizione associati al consumo di un cibo contaminato: somministrando quotidianamente una crocchetta con una dose anche minima di micotossine può aumentare la probabilità di tumore. Ovviamente in caso di contaminazione particolarmente elevata il rischio è di patologie a carattere acuto”.
Un pericolo scampato, a giudicare dai risultati del nostro test, visto che in nessun caso è stata rilevata la presenza di HT2, mentre la concentrazione di T2 è sempre compresa nei valori guida. “Un risultato confortante – conclude Brera – anche se la presenza della sostanza in alcuni prodotti potrebbe indicare la concentrazione di altre micotossine, ancora più pericolose. Se così fosse, l’effetto sinergico o additivo che ne deriva sarebbe ancora più dannoso perché l’ingestione di sostanze diverse tra loro è maggiormente rischiosa per la salute del gatto”.
LA LISTA DEI CRUELTY FREE
Nel lungo servizio che i lettori potranno trovare sul Test, poi, una parte è dedicata a quei marchi accusati da diverse organizzazioni animalista di “crudeltà”. Tenere tutta la vita in gabbia una colonia di felini – attaccano gli amanti degli gatti – per costringere gli animali a sperimentare nuovi prodotti è inaccettabile.
E forti di questa convinzione, hanno stilato una lista di aziende buone e una di marchi cattivi, da boicottare.