Un test solo soggettivo, che non può definire in maniera univoca la qualità di un prodotto come l’olio extravergine. Alcuni grandi produttori del settore hanno reagito così ai risultati dell’esame condotto dal panel dell’Agenzia delle dogane. Tornando a contestare la validità del panel test, strumento di legge che – unico nel settore alimentare – attribuisce ai risultati dei test organolettici un valore probatorio.
Una tendenza non nuova per le industrie nei confronti di questo strumento di prova, assai più rigoroso di quanto i non addetti ai lavori potrebbero immaginare, come ci ha spiegato Alberto Grimelli in questo articolo. Un’analisi importante, tanto per tutelare la qualità del prodotto che i consumatori che lo scelgono, come ha voluto spiegare al Test Gian Carlo Caselli, nell’intervento che pubblichiamo.
L’IMPORTANZA DEL PANEL TEST
Gian Carlo Caselli
Presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare
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Egregio direttore,
con la presente sono ad esprimerle condivisione per l’articolo “Lo scivolone dell’extravergine”, pubblicato sul numero di maggio della rivista “Il Test”.
I controlli sulla filiera agroalimentare portano alla luce, sempre più spesso condotte ingannevoli e fraudolente, realizzate, anche in violazione delle norme in materia di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, con lo scopo di attribuire ai prodotti una falsa origine italiana o qualità diverse da quelle effettivamente possedute.
Con specifico riferimento al settore degli oli di oliva, l’olio extravergine di oliva è uno dei prodotti agroalimentari italiani più esposto a rischio di frode e contraffazione ai danni dei consumatori, con la frequente immissione sul mercato, tra l’altro, di oli di oliva deodorati, di bassa qualità, aventi un valore di mercato molto inferiore a quello dichiarato.
Per tutte le indicate ragioni, molte forze sociali, a partire da Coldiretti che ha promosso la costituzione dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, di cui presiedo il Comitato scientifico, hanno promosso l’approvazione della legge 14 gennaio 2013, n.9, recante Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini.
La richiamata legge, oltre ad introdurre una serie di strumenti finalizzati a tutelare i consumatori, la produzione Made in Italy e le imprese nazionali da fenomeni di abuso e contraffazione, nel capo 1, in particolare, al fine di garantire corrispondenza merceologica alle caratteristiche di qualità dei prodotti, attribuisce valore probatorio ai risultati dei test di verifica delle caratteristiche organolettiche effettuati dai panel di assaggiatori riconosciuti, ai sensi del Regolamento (CEE) n.2568/91, dell’11 luglio 1991 relativo alle caratteristiche degli oli di oliva vergini nonché ai metodi ad essi attinenti.
Si afferma, infatti, da tempo la particolare importanza dell’analisi organolettica (panel test) sull’olio d’oliva – strumento reso obbligatorio, per gli oli da olive extra-vergini e vergini, dal Reg. CEE n. 2568/91 – come elemento di rilevanza significativa nel giudizio della qualità finale degli oli e per rilevare la conformità tra le qualità chimiche ed organolettiche al fine di qualificare un olio come extra-vergine.
Il riconoscimento, a tale diagnosi, di valore di test legale, in combinazione con le analisi di laboratorio, risulta necessario, perché, se è vero che al di là delle indagini chimico-fisiche, merceologico-legali cui vengono sottoposti i prodotti alimentari, il giudizio finale è comunque quello organolettico, è necessario disporre di metodi di analisi che possano avere anche valore legale in sede di eventuale contenzioso.
L’inchiesta, quindi, pubblicata dalla vostra rivista conferma la valenza dello strumento, superando anche le molteplici contestazioni, più volte mosse dal mondo industriale che, nel tempo, ha cercato di limitarne o vanificarne gli effetti e gli esiti.