La Francia non rinuncia a tassare le importazioni di olio di palma non sostenibile ma riduce l’entità dell’imposta: dagli iniziali 300 euro/tonnellata previsti in Senato, si è passati ad un importo progressivo pari, il prossimo anno, a 30 euro/tonnellata che diventerà 50 nel 2018, 70 nel 2019 e 90 nel 2020. “Questa tassa è più realistica. Non è nostra intenzione boicottare Malesia e Indonesia (i due Stati maggiori esportatori, ndr)” ha commentato il segretario di Stato per la biodiversità Barbara Pompili.
In effetti, la decisione francese è stata da subito bollata come discriminatoria. “L’obiettivo di iniziative legislative di questo tipo è quello di di limitare il più possibile la presenza di olio di palma nelle catene di fornitura francesi e nei prodotti alimentari” ha detto Nathalie Lecocq, direttore generale della Fediol (il gruppo commerciale europeo che rappresenta gli interessi dell’industria dell’olio vegetale) mentre l’associazione dei produttori malesiani di olio di palma ha commissionato al professore di economia presso l’Università di Aix-Marseille, Pierre Garello, uno studio per valutare la misura fiscale proposta. Secondo Garello, l’olio di palma è già tassato al 21,7%, mentre l’olio d’oliva lo è al 4,9%, l’olio di semi di girasole al 15,79% e l’olio di soia al 23,64%.
Il regime di tassazione supplementare non si applica all’olio di palma sostenibile. Il problema è capire se esiste una definizione univoca di sostenibilità. Al momento, i criteri individuati dall’associazione no profit Rspo restano i più attendibili ma come ha fatto sapere il sottosegretario francese “una migliore certificazione è possibile”. Intanto la Commissione europea ha deciso di lanciare uno “studio di fattibilità per un piano d’azione contro la deforestazione”. Una serie di misure che dovranno occuparsi anche dell’import di prodotti agricoli, come l’olio di palma, ma la proposta di un piano Ue vero e proprio non arriverà quindi prima del 2017, più probabilmente nel 2018.