Unilever entro il 2025 ridurrà di oltre 100mila tonnellate l’uso complessivo di imballaggi in plastica monouso e dimezzerà l’impiego di plastica vergine per produrre il proprio packaging.
La pressione mondiale sulla plastica, la consapevolezza dei danni che sta provocando sembrano produrre i primi effetti nelle scelte delle industrie. Anche se si tratta di scelte troppo lente e un po’ timide. Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace, commenta così la scelta del big dell’alimentazione e delle bevande: “Unilever è la prima multinazionale a compiere un primo passo positivo nella giusta direzione, ma una riduzione di sole 100mila tonnellate a fronte di un utilizzo di 700mila tonnellate di plastica all’anno non è la soluzione definitiva. L’azienda olandese continua a fare affidamento sulla raccolta, il riciclo e l’impiego di materiali alternativi, ma queste soluzioni non sono sufficienti”.
Per una soluzione reale, la ricetta è chiara, per Ungherese: “Invitiamo Unilever ad andare alla radice del problema, riprogettando il packaging in plastica monouso e investendo in modelli di business alternativi basati sullo sfuso e sulla ricarica che non prevedano il ricorso a imballaggi monouso. Essendo una delle prime aziende globali a prendere sul serio questa sfida, Unilever ha l’opportunità di mostrare la strada all’intero settore, liberandolo dal problema dell’inquinamento da plastica che ha creato”.
Esattamente quello che Greenpeace auspica da tempo a tutte le grandi multinazionali. Anche con una petizione, sottoscritta da più di quattro milioni di persone in tutto il mondo, e indirizzata a marchi come Nestlé, Unilever, Coca-Cola, PepsiCo, Ferrero e San Benedetto e Danone.